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Protesta contro l’industria bellica: nove denunce

Protesta contro l’industria bellica: nove denunceLa protesta di Extinction Rebellion a Torino

Torino Attivisti di Extinction Rebellion si calano con le corde dal palazzo dove si svolge l’«Aerospace and Defence Meeting»: denunce e fogli di via. Grimaldi (Si): risposta sproporzionata, sempre più difficile manifestare in questa città

Pubblicato 12 mesi faEdizione del 30 novembre 2023

Cinque attivisti del gruppo ambientalista Extinction Rebellion si sono calate con delle corde dal palazzo dell’Oval a Torino dove si tiene l’«Aerospace and Defence Meeting». «Guerra sulla Terra, affari sulla luna» recita lo striscione che hanno esposto sul palazzo insieme alle bandiere arcobaleno per protestare contro l’industria bellca e la sua nocività sociale e climatica. L’azione è costata 9 denunce agli attivisti.

L’incontro dei big internazionali dell’aerospazio e difesa militare che si chiude oggi vede la partecipazione di 600 aziende e 30 governi mondiali, tra cui i ministri italiani di Finanze e Difesa. Tra gli sponsor più discussi i nomi italiani dell’industria bellica come Leonardo e Thales Alenia. L’iniziativa è sostenuta dai fondi degli atenei torinesi e lì si discute anche della costruzione della «Città dell’aerospazio», in cui il Politecnico investirà 25 milioni.

«In questo momento lì dentro a porte chiuse centinaia di uomini stanno decidendo come investire i loro soldi in guerra e crisi climatica, – spiega Marta, tra le attiviste entrate in azione – ma ci sono sempre più morti e, invece di salvaguardare le persone e il pianeta, i soldi si muovono in direzione opposta». Il resto dell’agenda non è chiaro, sul sito tra le tematiche chiave si legge «sostenibilità e aviazione verde» presagendo un chiaro greenwashing di fronte all’evidenza: le industrie belliche e dell’aviazione sono tra le più dannose a livello climatico e sociale. Solo le forze armate sono responsabili del 5% delle emissioni di Co2. L’obiettivo dell’azione di ieri è lo stop agli investimenti in queste industrie.

Delle nove persone portate in questura (trattenute per 6 ore) a 4 sono stati dati dei fogli di via che variano da sei mesi a due anni, che in sostanza impediscono a chi li ha ricevuti di entrare a Torino in quanto «individui socialmente pericolosi». Un divieto di soggiorno è un problema per chi vive, studia o lavora a Torino, ma anche per il diritto di protesta.

Marco Grimaldi, deputato di Alleanza Verdi e Sinistra ed ex consigliere regionale del Piemonte, spiega al manifesto che la risposta istituzionale, con sei capi di accusa e fogli di via (una misura contenuta nel codice antimafia) è «sproporzionata» alla luce dell’azione di disobbedienza civile: uno striscione contro la guerra e il fossile e tre bandiere. «Siamo più socialmente pericolosi noi o la crisi climatica? Noi o il conflitto armato?», commenta Bruno fuori dalla questura.

A Torino la repressione delle azioni per l’ambiente non è una novità. Fare manifestazioni per il clima qui significa rischiare di non poter più manifestare – spiega Grimaldi- ormai a questo ritmo si potrà protestare solo dal proprio balcone». Il 25 luglio del 2022, infatti, dopo che alcuni attivisti di XR si sono incatenati al balcone del Palazzo della Regione esponendo uno striscione, sono state denunciate per «invasione» anche 20 persone che stavano in piazza in segno di solidarietà. Segno che esprimere il dissenso è sempre più complicato.

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