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Processo a Lucano, giornalisti e giudici nella rete dei pm

Processo a Lucano, giornalisti e giudici nella rete dei pmMimmo Lucano – Lapresse

Intervista Non solo Trapani, tra il 2018 e il 2019 intercettati 33 cronisti dalla procura di Locri. L’ex sindaco dell’accoglienza: inaudito rovistare anche nella mia vita privata

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 14 aprile 2021

Nello stesso periodo in cui alla procura di Trapani si occupavano di salvataggi, Libia e Ong intercettando i cronisti scomodi, quella di Locri dal 2018 al 2019 registrava le conversazioni di 33 giornalisti, 3 giudici, un viceprefetto, il difensore del principale indagato e perfino del portavoce del presidente della Camera. Dialoghi «irrilevanti» per la polizia giudiziaria, ma trascritti comunque dai solerti inquirenti con il risultato di rivelare indirizzi, rapporti confidenziali e dettagli di vita privata.

Il processo Xenia che vede sul banco degli imputati Mimmo Lucano si avvia alla conclusione. La camera di consiglio è prevista per il 26 settembre. E lo scandalo intercettazioni è solo l’ultimo dei molti colpi di scena di un dibattimento fiume con decine di udienze e frotte di testimoni che neanche nei processi di ‘ndrangheta. L’ex sindaco di Riace si dice amareggiato ma guarda avanti fiducioso.

Sindaco, da quest’ultima vicenda pare evincersi che agli inquirenti interessasse ricostruire la rete di sostegno a Riace, una sorta di schedatura delle ‘anime belle’ che combattono l’equazione migranti uguali criminali.
È un fatto inaudito e sconvolgente. Rovistare nella vita privata mia, quella dei miei familiari, di cronisti e operatori del diritto è un grave atto di violazione della privacy, va contro il senso di giustizia ma anche contro il buon senso. È del tutto evidente, per venire alla sua domanda, che in questi anni molti hanno perseguito un unico obiettivo: ridimensionare la storia di Riace. Una bella storia che andava repressa e controllata anche con questi metodi. Si voleva colpire al cuore un modello di integrazione di cui tutti parlavano da Berlino al Nordamerica e che era stato candidato al Nobel per la pace.

Si voleva evitare che quell’anomalia potesse essere vista come laboratorio di buone pratiche, come rivelatrice di carenze di sistema nell’organizzazione dell’accoglienza, come esempio di convivenza fra comunità diverse. Riace tra il 2016 e il 2018 era diventato l’incubo delle forze di destra e prima ancora per il ministro degli Interni Marco Minniti del Pd. A cui aggiungo anche l’allora prefetto di Reggio Calabria, Michele Di Bari (attuale capo dipartimento nazionale immigrazione ndr) che anche in questi ultimi mesi sta continuando la sua personale battaglia contro Riace. Incredibilmente si rifiuta di pagare i crediti che Riace vanta nei confronti del ministero per le prestazioni erogate. A tal proposito rivelo una notizia inedita al manifesto.

L’ex sottosegretario agli Interni Matteo Mauri, dopo un carteggio con Di Bari per conoscere le motivazioni di tale inerzia nei pagamenti, si è detto indignato per il livello di persecuzione a cui continuiamo ad essere sottoposti. E se lo dice un sottosegretario figuriamoci cosa penso io. Comunque il borgo noi lo stiamo rimettendo in sesto. Il Villaggio globale è di nuovo attivo e ringrazio il Banco Alimentare, i comboniani e la rete di sostegno per gli sforzi intrapresi.

L’arcivescovo di Campobasso, Giancarlo Bregantini, e il missionario Alex Zanotelli hanno deposto in aula. Entrambi ti hanno ringraziato “per aver creato questo modello di accoglienza”. Ma hanno riferito che per te il processo in corso è davvero un colpo terribile.
La loro audizione mi ha commosso. Monsignor Bregantini è stato, quando era vescovo di Locri, il nostro orizzonte ideale, il suo messaggio evangelico era esemplare, era la chiesa che diventava parte del processo sociale, che stava dalla nostra parte e che si schierava nei fatti dalla parte degli ultimi. Lui che venne a Locri con una Golf di seconda mano, senza scorta, raccontandomi della chiesa dell’America Latina e della Teologia della Liberazione, mi ha colpito quando si è definito in aula “correo” del modello Riace per avermi incoraggiato, dandomi consigli e sostegni. Indubbiamente, il processo in corso per me è un affronto.

È una cosa assurda che mette sul banco degli imputati una virtuosa esperienza politica e amministrativa ventennale. Rispondo però con le parole di Luigi De Magistris. “Se nella Calabria delle massomafie, la Riace di Lucano, per i giudici, diventa ‘socialmente pericolosa’ è davvero un paradosso”. Spero solo che non arrivi una sentenza politica ma che trionfi la giustizia.

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