Scatta l’allarme nei sindacati dopo che la premier Meloni, in conferenza stampa, ha confermato l’intenzione del governo di privatizzare ulteriori quote di capitale di Poste Italiane. Un «progetto scellerato», sostiene Nicola Di Ceglie, segretario nazionale della Slc Cgil, spiegando la contrarietà a «ulteriori svendite di una azienda che assume una funzione sempre più importante per la crescita e la coesione sociale nel paese». La Slc chiede un incontro al ministro Giorgetti e all’ad di Poste, Matteo De Fante. E annuncia per le prossime settimane la mobilitazione della categoria, insieme alle altre organizzazioni sindacali.

Anche per Uilposte «svendere le quote pubbliche» è una «scelta scellerata», confermata dopo voci e smentite dalla stessa premier. Una scelta che «mette a rischio lavoratori e cittadini e per questo siamo pronti a ogni forma di mobilitazione», spiega il segretario generale Claudio Solfaroli Camillocci, che riepiloga: «Negli ultimi mesi vi è stato un pesante e sospetto silenzio da parte del management di Poste Italiane nei rapporti di relazioni industriali con le sigle sindacali, mentre le voci sui giornali si rincorrevano in un periodo delicato, alla soglie del rinnovo del contratto, in un contesto di concorrenza spietata e dumping nel settore della logistica che dovrebbe attirare l’attenzione del governo, alla vigilia della presentazione del piano di impresa, che poi è stato posticipato a marzo, aumentando ulteriormente le incertezze».

Dunque la richiesta di ascoltare le parti sociali prima di prendere decisioni ricordando anche che in campagna elettorale e all’opposizione Fdi affermava «non si svendono i gioielli di Stato». «Se non ci sarà dialogo sarà battaglia, senza sconti», conferma il segretario generale della Slp Cisl Poste, Raffaele Roscigno, assicurando «ampia disponibilità al confronto».