Nonostante sia un esecutivo dimissionario, tra il «disbrigo degli affari correnti» Mario Draghi e Daniele Franco considerano legittimo decidere sulla privatizzazione di Ita. E quasi certametne sceglieranno di vendere ai tedeschi di Lufthansa (con Msc «prestanome» e «prestasoldi»), che da anni puntava Alitalia per trasformarla in una compagnia regionale che riempisse i più remunerativi voli a lungo raggio dagli hub della Germania.

La scusa di Draghi è la scadenza del 22 agosto per le offerte di acquisizione. In corsa sono rimaste la cordata Msc-Lufthansa da una parte, il fondo Certares con Air France-Klm e Delta Airlines dall’altra. Entrambe stanno definendo la terza proposta, vincolante e rivista, prima della consegna al Mef.

Finora nessuna delle due offerte è risultata pienamente conforme ai criteri previsti dal dpcm di febbraio con cui il governo Draghi diede il via libera alla privatizzazione. Il primo dei nodi da sciogliere, sulla base dei cinque punti che il Mef avrebbe indicato alle due cordate, è legato alla governance, in particolare ai poteri che avrebbe il (prossimo) ministro dell’Economia sulle scelte strategiche, di management e sui livelli occupazionali. Franco e Draghi hanno deciso di mantenere in Ita una quota minoritaria ma indefinita. Con la certezza comunque che sia transitoria: tra le richieste alle cordate c’è quella di definire, già da ora, un prezzo per la quota di minoranza che il Tesoro tra qualche anno, una volta implementato il piano industriale, dismetterà.
C’è poi la richiesta di vedere i bilanci delle società, così da poterne valutare meglio la solidità finanziaria. Piccolo problema: Msc della famiglia Aponte è una società interamente svizzera e non è tenuta a rendere pubblici i propri bilanci proprio per la legislazione elvetica.

Secondo indiscrezioni, Msc e Lufthansa metterebbero sul piatto circa 850 milioni per l’80% della compagnia (il 60% resterebbe in mano a Msc, il 20% a Lufthansa e il 20% al Mef). La compagnia tedesca, che ha già fatto sapere di essere in contatto con il governo italiano, starebbe lavorando per andare incontro alle richieste sulla governance, in particolare sui nodi che riguardano diritto di veto e nomina del presidente.

Dall’altra parte è al lavoro anche il fondo statunitense Certares, che metterebbe sul piatto 600 milioni per il 60% della compagnia (il restante 40% resterebbe nelle mani del Mef, con Air France-Klm e Delta Airlines partner commerciali). Nel piano industriale di Certares, secondo quanto si apprende, si punta a espandere le rotte in Nord America, a fare di Fiumicino il terzo hub del proprio network, dando al Mef un ruolo da «coprotagonista», con un pacchetto di diritti di voto vicino al 40%.

Occhi puntati quindi su quello che accadrà dal 23 agosto. Dopo l’apertura delle buste e la valutazione del Mef il dossier prenderà la strada di Palazzo Chigi, cui spetta la decisione finale: se e con chi andare in trattativa in esclusiva. Il presidente del Consiglio Mario Draghi la scorsa settimana ha chiaramente detto come non sia sua «intenzione lasciare la questione al governo successivo» e ha parlato di tempi «brevissimi» per la scelta.

Se Fratelli d’Italia ora protesta, il prode Fabio Rampelli parlò di «italianità rispettata» alla notizia dell’offerta di Msc della famiglia campana Aponte. Nessuna protesta dal Pd.