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Privatizzare la Rai, riecco i liberisti all’italiana

Televisione Rai e Mediaset sono i corni inseparabili di un dilemma, l’italica questione tv: mettervi mano significa affrontarli entrambi. Il punto è dunque questo

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 7 luglio 2018

Liberali monocoli, mercatisti a senso unico. Alla vigilia delle nomine Rai, complice Grillo, riecco apparire il refrain sulla privatizzazione della Rai. Ed è veramente stucchevole vedere discettare sulle virtù miracolose della vendita di due canali pubblici.

Tutti sanno che il nostro sistema è composto da un imprenditore privato che possiede tre tv generaliste, una molteplicità di canali digitali di nicchia e raccoglie dal 30 al 35% degli ascolti, e da un servizio pubblico che con altrettanti canali generalisti e un nutrito bouquet di canali specialistici raggiunge ascolti in percentuale simili, anzi spesso anche superiori. E che insieme i due colossi coprono i tre quarti degli ascolti dell’emittenza nazionale.

Ora è evidente, forse tranne ai tifosi della privatizzazione compreso l’improvvido Grillo, che intervenire solo su un versante, quello pubblico, non ha senso, perché perpetuerebbe, cambiandogli intestazione proprietaria, il tradizionale oligo-duopolio nazionale. Questo nel caso si vendano ad un unico privato le reti Rai ( e poi quali? solo Rai1 e Rai2? e le altre, Rai Movie, Rai4, RaiNews, RaiSport, Rai5, etc. che fine farebbero?). Nel caso invece in cui si venda a più privati ( una rete pubblica a testa) il risultato sarebbe uno spezzatino in cui tanti piccoli David fronteggerebbero un Golia dalle dimensioni di Mediaset: un gigante con una batteria di reti (generaliste e di nicchia) assolutamente preponderante che con le opportune sinergie soffocherebbe, com’è successo finora, qualsiasi new entry, relegandola ad un ruolo marginale. Visto che di tutto ciò i profeti della liberalizzazione non parlano, ci permettiamo noi di chiedere: questo sarebbe il mercato? Le cui leggi dovrebbero valere solo per il duopolista pubblico, da smantellare, e non per quello privato, altrettanto soffocante per il sistema?

Altro discorso sarebbe immaginare una parziale privatizzazione della Rai affiancata però a norme di sistema che mettano un tetto al possesso delle reti di un singolo imprenditore, come negli altri paesi, riaprendo un comparto chiuso, qual è la nostra emittenza. In questo senso aspettiamo che finalmente qualche campione della squadra liberista chieda, oltre alla privatizzazione del servizio pubblico, anche il ridimensionamento di Mediaset e del semi-monopolio che l’impero berlusconiano si è visto garantito nei decenni grazie a varie complicità politiche. In primis quelle dei socialisti di Craxi, insieme all’inerzia della sinistra di governo.

Rai e Mediaset sono i corni inseparabili di un dilemma, l’italica questione tv: mettervi mano significa affrontarli entrambi. Il punto è dunque questo. Il servizio pubblico a tre reti può essere eccessivo, ne basterebbero due, ma allo stesso tempo è sproporzionata la dote di reti di cui può disporre l’altro polo tv del paese (La7, nonostante i buoni ascolti degli ultimi mesi, nella sostanza non intacca il duopolio).

Se le proposte di apertura del settore rimangono le solite che sentiamo da anni, se nessuno vuole intaccare il monopolio nel settore privato di Mediaset, se del riequilibrio del sistema deve curiosamente farsi carico solo l’azienda di viale Mazzini, allora continueremo a sostenere una Rai autonoma dalla politica, ma interamente pubblica e a tre reti.

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