Ha trascorso la prima notte in carcere il cardinale australiano George Pell, condannato dalla County Court dello Stato di Victoria perché nel 1996, quando era arcivescovo di Melbourne, abusò sessualmente di due adolescenti di 12 e 13 anni del coro della cattedrale di Saint Patrick.

I giudici infatti, dopo che martedì era stata resa nota la sentenza di colpevolezza – emessa l’11 dicembre ma secretata per non influenzare un secondo processo, poi annullato, a cui Pell avrebbe dovuto sottoporsi -, hanno revocato la libertà su cauzione (concessa a dicembre), e così ieri il cardinale è stato trasferito nell’Assessment Prison di Melbourne, in attesa della sentenza di condanna, il 13 marzo, quando verrà comunicata l’entità della pena.

Pell, che a giugno compirà 78 anni e che si dichiara innocente, rischia fino a cinquanta anni di carcere, perché colpevole di cinque reati (due violenze sessuali sui due ragazzi più atti osceni con bambini), che prevedono una condanna massima di dieci anni ciascuno.

Alla prigione potrebbe aggiungersi anche un cospicuo risarcimento monetario alle vittime. Uno dei due bambini abusati, infatti, cinque anni fa è morto per overdose, e il padre ha avviato una richiesta di risarcimento con la motivazione che il figlio sarebbe diventato tossicodipendente in conseguenza della violenza subita.

Qualcosa si è mosso anche in Vaticano. Già da un anno e mezzo – da quando aveva lasciato Roma ed era tornato in Australia per il processo – a Pell era stato proibito di celebrare messa in pubblico e di avvicinarsi a bambini ed adolescenti. A dicembre inoltre era stato estromesso dal cosiddetto C9, il Consiglio dei cardinali creato da papa Francesco – che aveva scelto il cardinale australiano come suo stretto collaboratore – con il compito di aiutarlo nel governo della Chiesa universale e nella riforma della Curia romana.

Nella tarda serata di martedì è arrivata anche la notizia della rimozione – o meglio del mancato rinnovo – di Pell come prefetto della Segreteria per l’economia, il ministero delle finanze della Santa sede (anche questo incarico gli era stato assegnato da Francesco), che lo rendeva di fatto il numero tre del Vaticano. Nonostante fosse finito sotto processo, Pell aveva conservato il ruolo di prefetto per l’economia, con la formula del «congedo». Una posizione ora ritenuta indifendibile, tanto che il Vaticano si è visto costretto ad una precipitosa correzione di rotta. Dopo quattro giorni di summit contro la pedofilia nella Chiesa, mantenere un cardinale pedofilo ai massimi vertici della gerarchia cattolica era una contraddizione troppo evidente. Però, per decidere, c’è voluta la condanna penale!

La Congregazione per la Dottrina della fede (l’ex Sant’Uffizio), fanno sapere dal Vaticano, «si occuperà ora del caso nei modi e con i tempi stabiliti dalla normativa canonica». Ovvero avvierà un procedimento che, dopo il processo di appello, potrebbe portare fino alla dimissione dalla stato clericale (lo «spretamento») di Pell.