La stagione dei concerti è finalmente ricominciata dopo due anni di stop imposti dalla pandemia, ma non senza criticità.

È proprio l’improvvisa moltiplicazione di eventi a creare disagi, frutto della riprogrammazione di tour e festival previsti originariamente nel 2020 e nel 2021 e concentratisi in questa estate, a cui si sono aggiunte le nuove proposte.

Un po’ in tutta Europa è il reparto tecnico ad essere particolarmente in sofferenza, come riporta anche un articolo di «Libération». Le chiamate dell’ultimo momento sono diventate la prassi rispetto a una platea di personale qualificato che si è ristretta – non pochi infatti hanno cambiato lavoro durante la pandemia. Mancano i rimpiazzi in caso di forfait o di positività al Covid, difficoltà si riscontrano anche nel reperire il materiale tecnico presso i service.

COME CONSEGUENZA, gli organizzatori mettono in conto più giornate per l’allestimento dei palchi, e talvolta sono costretti ad operare dei ridimensionamenti delle scenografie.

Ma non è solo la penuria dei tecnici il problema. Laddove si è creato un vero e proprio «boom» nell’offerta, non si sta verificando un pari entusiasmo nell’acquisto dei biglietti, almeno in Italia: i livelli sono all’incirca quelli del 2019 (8 milioni venduti nel 2022 finora) ma nulla di più, contrariamente alle previsioni degli organizzatori.

Le ragioni sono da ricercarsi innanzitutto in un vertiginoso aumento del prezzo dei biglietti. In diversi casi si parla persino di raddoppi, ma l’aumento medio rispetto al 2019 è di circa il 20% secondo «Ticketnews».

Anche qui le cause sono molteplici, inserite all’interno di un circolo vizioso: la poca disponibilità delle maestranze e una catena di approvvigionamento che fatica sempre più ha spinto verso un aumento dei costi, a cui si aggiunge il pesante aumento dell’energia e della benzina oltre all’inflazione.

È indubbio poi che le grandi società d’organizzazione di eventi stiano a loro volta lucrando sul grande ritorno dei tour e dei concerti. La domanda è fino a dove il pubblico le seguirà, con il rischio di rendere sempre più elitario l’accesso alla cultura.