Prevenire e controllare le invasioni biologiche non è solo necessario e urgente; è possibile e realistico, ritengono gli esperti dell’Ipbes.

NEL 2022 I GOVERNI DI TUTTO il mondo hanno sottoscritto il nuovo Quadro globale per la biodiversità Kunming-Montreal impegnandosi fra l’altro a ridurre l’arrivo e la diffusione delle specie aliene invasive prioritarie almeno del 50% entro il 2030. Ma per ora solo il 17% dei paesi dispone di leggi o regolamenti nazionali specifici. L’Ipbes suggerisce accordi multilaterali, leggi nazionali, regolamenti, codici di condotta. Cruciali la cooperazione internazionale, un approccio multisettoriale e la partecipazione dei popoli indigeni e delle comunità locali. Come per il clima.

PREVENTION FIRST. Biosicurezza alle frontiere, controlli rigidi alle importazioni: funzionano. E’ accaduto ad esempio in Australia e Nuova Zelanda rispetto alla Halyomorpha Halys, la cimice asiatica – che nel Mediterraneo è l’incubo di corilicoltori e appassionati di nocciole. La prevenzione è d’obbligo ancor più per gli ecosistemi marini. Quanto al rapido intervento, sull’individuazione tempestiva della presenza delle specie aliene, il programma PlantwisePlus lavora in Africa, Asia e America latina con i piccoli agricoltori. Ripristinare gli ecosistemi è l’altra pista obbligata: rende meno facile la vita a specie alloctone.

L’ERADICAZIONE DELLE SPECIE invasive già insediate – soprattutto piante e invertebrati – è efficace nei casi di diffusione lenta e soprattutto in ecosistemi isolati (88% dei casi di successo su 1550 esempi in 998 isole, in un secolo). Sconfiggere le vegetali è più difficile, per la longevità dei semi dormienti. Significativa l’eradicazione, in Nuova Zelanda, della Solenopsis invicta, la formica di fuoco, che altrove provoca danni alla salute e alle colture. Il contenimento e controllo fisico e chimico delle specie già arrivate, in sistemi terrestri o acquatici chiusi, è soprattutto efficace su scala locale e nel breve periodo e può avere effetti collaterali su specie non prese di mira.

IL CONTROLLO BIOLOGICO si è rivelato spesso utile, soprattutto rispetto alle piante e agli invertebrati; lo si pratica da oltre cento anni. Ma i problemi non mancano. Ad esempio, la cimice americana delle conifere (Leptoglossus occidentalis) che da anni dimezza le produzioni di pinoli – e il parco toscano di San Rossore Migliarino Massaciuccoli ne sa qualcosa – avrebbe un antagonista, la piccola vespa Gryon pennsylvanicum. La quale, come dice il suo nome, viene da lontano: e l’Italia non prevede eccezioni al divieto di introdurre specie alloctone. Comprensibile il timore di effetti non previsti.

DILEMMI ETICI: QUANDO si parla di vertebrati, eradicare o comunque controllare drasticamente certe specie (le aliene dannose) per salvarne altre (le autoctone), diventa problematico. Come, del resto, la gestione delle specie in sovrannumero anche locali. Gli esperti dell’Ipbes hanno ammesso le difficoltà. Ma hanno precisato in conferenza stampa: «Occorre minimizzare la sofferenza, ma non fare nulla significa far estinguere altre specie. Poi, se una specie benché aliena e invasiva è diventata utile localmente, va capito il contesto, sempre consultando le comunità locali».

COME SI LEGGE NEL RAPPORTO Ipbes, nelle Hawaii i maiali selvatici, introdotti da secoli, sono «culturalmente» importanti e cacciati per la carne e per cerimonie, ma provocano gravi impatti negativi: mangiano molta vegetazione provocando l’estinzione di piante native, aiutano l’erosione del suolo e anche la diffusione di altre specie aliene.