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Prescrizione, Renzi ci riprova e oggi la maggioranza rischia

Prescrizione, Renzi ci riprova e oggi la maggioranza rischiaIl ministro della giustizia Alfonso Bonafede – LaPresse

Giustizia Iv vota di nuovo con le opposizioni. Pronta un’altra insidia: un emendamento al dl sulle intercettazion. E sullo «spazzacorrotti» la Consulta assesta il primo colpo

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 13 febbraio 2020

I renziani si schierano con le opposizioni ma la maggioranza regge senza problemi nelle commissioni prima e quinta della camera dove ieri pomeriggio si è votato ancora sulla prescrizione. Respinta la proposta Iv di sospendere per un anno la contestata riforma Bonafede. Che resta in vigore – lo è ormai da un mese e mezzo – mentre è ancora sospesa la soluzione che 5 Stelle, Pd e Leu immaginano di trovare, a questo punto con o senza il consenso dei renziani, ai problemi che la riforma ha aperto. Innanzitutto il rischio di processi interminabili, denunciato da ultimo da diversi procuratori generali durante le cerimonie di apertura dell’anno giudiziario.

STASERA (ALLE OTTO) si terrà il tanto annunciato Consiglio dei ministri che dovrebbe licenziare sia il disegno di legge delega di riforma del processo penale – lo strumento per accelerare i tempi della giustizia e sterilizzare così l’impatto sui processi della cancellazione della prescrizione – sia il disegno di legge ordinario con il «lodo» che contiene le modifiche alla riforma Bonafede. Quest’ultimo però è tornato in forse, con alcuni degli alleati che ieri sera lamentavano di non ancora visionato nessun testo e i renziani che non ne vogliono sapere. È ormai certo che non si tenterà più il blitz con l’abbinamento alla proposta Costa: sarà un disegno di legge autonomo, magari quello firmato dal deputato di Leu Conte che giusto ieri è stato sganciato da quello di Forza Italia. Tempi lunghi, sarà approvato «entro l’estate», prevede il responsabile giustizia dem Verini. Il testo di Forza Italia sarà invece bocciato a Montecitorio il 24 febbraio e non potrà essere ripresentato immediatamente in forma identica a palazzo Madama.

Per la maggioranza l’insidia al senato è adesso un’altra. Un emendamento al decreto sulle intercettazioni che ripropone in quella sede la cancellazione della riforma Bonafede. In commissione a palazzo Madama la maggioranza senza il voto del commissario di Italia viva è sul filo, oggi può andare sotto o agguantare un pareggio. Il decreto sulle intercettazioni oltretutto è in forte ritardo (l’aspetta l’aula la prossima settimana per la fiducia) e ha bisogno di diverse modifiche. Il Csm ieri ha chiesto di fermarlo per altri tre mesi.

Alla camera invece, nella conta nelle commissioni che stanno anche qui affannosamente esaminando il milleproroghe, Pd, 5 Stelle e Leu hanno superato lo scoglio dell’emendamento renziano (prima firmataria Lucia Annibali, ieri ignobilmente sotto attacco sui social e raggiunta dalla solidarietà di tutti i partiti): 49 voti a 40. Un margine più ampio di quello di appena due voti con il quale era stato respinto martedì sera un altro emendamento per la sospensione della Bonafede (Magi).

Avrebbe potuto togliere qualche grattacapo al Pd, visto che la responsabilità dell’eventuale approvazione sarebbe ricaduta tutta sui 5 Stelle assenti.

INTANTO IERI LA CORTE costituzionale ha assestato un primo colpo alla legge cosiddetta «spazzacorrotti». Decidendo con una sentenza interpretativa – che formalmente rigetta i dubbi di costituzionalità, ma sostanzialmente li accoglie dettando ai tribunali come interpretare d’ora in poi la legge – che è illegittima l’applicazione retroattiva delle norme che escludono i condannati per corruzione prima della spazzacorrotti dai benefici carcerari e dalle misure alternative. Ha un bel dire il ministro Bonafede che la decisione non lo riguarda e non macchia la legge che lui considera il suo fiore all’occhiello. Perché, spiega avviandosi a un’altra delle sue famose gaffe, «si interviene sull’applicazione dell’interpretazione di una norma… voglio chiarire che non c’era una norma della legge spazzacorrotti che diceva che si doveva applicare retroattivamente, quella era un’interpretazione che facevano i giudici». Ovviamente perché così non fosse avrebbe dovuto esserci nella legge una norma opposta. E cioè la previsione di un regime transitorio che escludesse i condannati per reati commessi prima dell’entrata in vigore della spazzacorrotti dal regime peggiorativo. Ma il Movimento 5 Stelle non volle niente del genere, e anzi lo rivendicò come un successo proprio il giorno in cui al primo condannato celebre per reati contro la pubblica amministrazione, Roberto Formigoni, fu rifiutato l’accesso alle misure alternative al carcere. «È solo il primo, merito della nostra legge», esultò il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Buffagni. La stessa presidenza del Consiglio che martedì, tramite l’avvocatura dello stato, ha riconosciuto che l’applicazione retroattiva della legge è incostituzionale.

MA SOPRATTUTTO BONAFEDE dovrebbe essere più prudente nel dare per salva la sua legge, la stessa nel quale volle infilare all’ultimo momento la riforma della prescrizione, perché quello di ieri era solo il primo appuntamento con la Corte costituzionale. Prima della fine del mese sarà davanti ai giudici delle leggi anche il tema più generale della irragionevole equiparazione che ha fatto la spazzacorrotti dei reati contro la pubblica amministrazione con quelli di mafia e terrorismo.

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