Nel 1848, anno di crisi e rivoluzioni in Europa, tre giovani studenti della Royal Academy, Dante Gabriel Rossetti, William Holman Hunt e John Everett Millais, poi raggiunti da Ford Madox Brown, William Morris e Edward Burne-Jones, si riunirono a Londra per formare quello che sarebbe stato il movimento più influente, rivoluzionario e controverso dell’arte vittoriana: la Confraternita dei Preraffaelliti.
Il nome, chiaramente declinato al maschile, fu espressamente scelto a sintetizzare la loro ammirazione e la loro passione per la pittura italiana del periodo prima di Raffaello e per sottolineare l’affiatamento di un ristretto gruppo di artisti che si dedicava totalmente alla pittura, accompagnati, in anni sofferti e talvolta drammatici, da uno stuolo di figure femminili: modelle, sorelle, mogli o amanti, che con le loro tormentate vicende contribuirono non poco ad alimentarne la leggenda.
Le biografie artistiche di Elizabeth Siddal, Christina Rossetti, Effie Gray Millais, Annie Miller, Fanny Cornforth, Joanna Boyce Wells, Fanny Eaton, Jane Morris, Georgiana Burne-Jones, Maria Zambaco, Marie Spartali Stillman e Evelyn De Morgan vengono presentate al pubblico in occasione della mostra Pre-Raphaelite Sisters, alla National Portrait Gallery fino al 26 gennaio.
Le vite di Maria Zambaco, di Georgiana Burne-Jones e del marito Edward si incrociarono lungamente e in maniera tormentata. Edward, non più giovane, si invaghì della bellezza di Maria, la ragazza di origine greca che così descrisse: «She was born at the foot of the Olympus and looked and was primeval». Se la Zambaco diventò la modella protagonista di molti dipinti di Burne-Jones come il languido Cupid and Psyche, in cui la giovane riposa abbandonata su uno sfondo di rose, oppure del torbido incantesimo all’origine di The Beguilling of Merlin, Georgiana venne ritratta dal marito, pallida ed evanescente, mentre delicatamente tiene in mano un libro con un fiore reciso nascosto fra le pagine che sembra alludere più allo sfiorire della vita che a un pegno d’amore.
Ma è ancora la Zambaco a emergere dalla corteccia di un albero di mandorlo nel dipinto The Tree of Forgiveness, che nel catalogo della grande mostra antologica di Burne-Jones, che si tenne alla New Gallery pochi mesi dopo la sua morte, fu accompagnato da questa significativa frase di Ovidio: «Dic mihi quid feci, nisi non sapienter amavi?». Nella scena, che appare come un espresso richiamo all’infelice relazione del pittore con la sua modella, i due amanti sono legati in un abbraccio nel quale l’amore sembra ormai aver lasciato il posto a un’ossessione maligna da cui Demofonte non è più in grado di liberarsi.
Effie Gray Millais fu invece al centro di una nota e scandalosa vicenda che vide coinvolta la parte più in vista del mondo intellettuale vittoriano e, erroneamente considerata un triangolo amoroso, venne chiarita solo col passare del tempo. La giovanissima Effie fu infatti la moglie di John Ruskin, ma il matrimonio non si consumò e, dopo anni di inquietudini che minarono fortemente lo stato di salute della donna, venne casualmente proposta proprio dal critico inglese come modella per il dipinto The Order of Release di Millais con il quale, pochi anni più tardi, si sposò.
Elizabeth Siddal, moglie e modella di Rossetti, posò anche per Hunt e per Millais che la costrinse a restare a lungo vestita in una vasca da bagno per rappresentare al meglio la morte di Ofelia, mentre Marie Spartali, cugina della Zambaco, studiò diverso tempo presso Ford Madox Brown e, dopo il matrimonio con il giornalista americano William James Stillman, visse molti anni in Italia, dedicandosi a una pittura di paesaggio che richiamava la purezza tardo rinascimentale italiana, conseguendo grande e inaspettato successo anche oltre oceano.
A risaltare fra tutte è però la tortuosa esistenza di Jane Burden Morris, vera icona del movimento preraffaellita, divisa fra il marito William Morris e Rossetti col quale ebbe una lunga relazione. Jane compare in alcuni straordinari dipinti presenti in mostra, fra i quali Proserpina è senz’altro il più noto. La giovane è ritratta da Rossetti nelle vesti della figlia di Cerere con in mano la melagrana, simbolo di amore e vita eterna, ma anche di prigionia e di morte; come vuole una rara versione del mito l’aver morso il frutto la condannerà a passare una parte dell’anno nell’Ade, dando così origine all’alternarsi delle stagioni. Modella di Burne-Jones e musa di Rossetti che, come scrive Antonia Byatt nel saggio Pavone e Rampicante, la dipinse «sempre con la stessa bocca grande, rossa, affamata, mesta, lo sguardo fisso e distante, e una ricca malinconica massa di capelli neri», Jane, figlia di uno stalliere, ebbe un’infanzia poverissima, riscattata a caro prezzo dalla sua infelice e insolita bellezza.
Se Rossetti riuscì a ritrarla sempre con intensa compassione, un aneddoto riportato da Byatt a proposito del dipinto di Morris La Belle Iseult fa intuire l’infelicità che ruotava intorno a Jane e al marito e, forse, in generale alle altre protagoniste della mostra. Morris infatti dipinge una donna alta, seria, triste e un po’ sgraziata, priva di quella sensualità che evidentemente soltanto Rossetti era capace di cogliere in lei. Racconta l’autrice di Possessione che, a proposito del dipinto, Morris sembra abbia scritto alla moglie: «Non ti so dipingere, ma ti amo»; confessando così apertamente la definitiva lontananza che alcune donne, di cui le vite delle Preraffaellite risultano essere testimonianze dolorosamente privilegiate, sono costrette ad affrontare quando sono amate di un amore privo di comprensione.
Rossetti dal suo canto compose per Jane un sonetto di accompagnamento al dipinto The Day Dream, ispirato ai giorni passati insieme a lei a Kelmscott Manor, la residenza che fu anche di William Morris: «Within the branching shade of Reverie / Dreams even may spring till autumn; yet none be / Like woman’s budding day-dream spirit-fann’d». Jane viene ritratta con un libro aperto sulle ginocchia mentre tiene in mano un caprifoglio, simbolo dell’amore indissolubile; come sempre malinconica, appare però di una sensuale bellezza ben lontana dalla raffigurazione che ne faceva Morris, ed è ancora bellissima quando molti anni dopo, ormai anziana, posa per Evelyn De Morgan in quella che è una delle opere più commoventi esposte in mostra, con la testa appoggiata su un cuscino scuro che fa risaltare la lucentezza dei suoi famosi capelli ormai divenuti quasi bianchi.