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Premi per Hilary Swank

Premi per Hilary SwankHilary Swank premiata a Locarno

Interviste speciale estate Ho incontrato Hilary Swank a Locarno dove è venuta per ricevere un premio alla carriera. Da un certo punto di vista mi è sembrato un po’ presto per un premio […]

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 17 agosto 2019

Ho incontrato Hilary Swank a Locarno dove è venuta per ricevere un premio alla carriera. Da un certo punto di vista mi è sembrato un po’ presto per un premio del genere – ha due anni meno di me – ma allo stesso tempo lei appartiene ad un club molto esclusivo: quello delle attrici che hanno vinto due Oscar con due nomination consecutive. Da giovane la sua carriera è stata segnata da trasformazioni fisiche, da Karate Kid IV e il trans di Boys Don’t Cry alla pilota Amelia Earhart e la pugile di Million Dollar Baby. Quando l’ho incontrata in un albergo sopra Locarno, mi è stato chiesto espressamente di non farle domande sul suo ultimo film, The Hunt, verso il quale Donald Trump in questi giorni ha lanciato un attacco via twitter. Da bravo giornalista ho provato comunque ad arrivare al film, anche seguendo un percorso un po’ tortuoso. Il giorno dopo l’intervista la Universal ha deciso di non distribuire il film. Almeno per il momento. Però non penso che Hilary Swank si arrenderà e forse la sua carriera entra in un fase ancora più interessante.
Eri una sportiva. Cosa hai imparato dallo sport?
Avevo un allenatore di ginnastica che mi diceva, ‘non posso’ significa ‘non voglio’ e ‘non voglio’ significa flessioni. Così ho imparato velocemente ad eliminare ‘non posso’ dal mio vocabolario.
Hai cominciato come attrice in TV con Beverly Hills 90210. Ora il fatto di essere stata licenziata ti deve sembrare come una benedizione.
No, volevo rimanere parte dello show. Sì, in effetti è stato un dono enorme. E ti fa pensare che quando succede qualcosa che sembra negativo, significa che devi imparare una lezione. Ovviamente non ero contenta di essere stata licenziata, in particolare perché il pubblico non guardava più lo show, e quindi pensavo di non essere abbastanza brava nemmeno per uno show che nessuno guardava. Ma poi due mesi dopo c’è stata un’occasione che non ha solo cambiato la mia carriera ma anche la mia vita. Una grande occasione per me di imparare come essere umano in qualità di portavoce per l’Hetrick-Martin Institute. Quando penso alla mia esperienza televisiva, i primi nove anni della mia carriera mi hanno preparato per le occasioni che si sono presentate dopo. Hai mai sentito il detto: «fortuna è quando la preparazione incontra l’opportunità»? La mia carriera in televisione è stata quella preparazione.
«Boys Don’t Cry» è uscito 20 anni fa…
Pazzesco, vero? Lo abbiamo girato 20 anni fa ma è uscito 19 anni fa. Ma chi conta?
È ancora rilevante oggi?
Le persone ancora oggi mi avvicinano e mi ringraziano perché Boys Don’t Cry ha salvato loro la vita o ha dato loro la capacità di comunicare come si sentivano dentro. E questa è una cosa enorme per me. All’epoca in cui abbiamo fatto Boys Don’t Cry non si parlava tanto di Trans. C’era tutto un vocabolario che esiste ancora oggi e che dev’essere usato correttamente. Oggi ancora di più. Ma una cosa che posso dire è che la comunità gay non era molto inclusiva della comunità Trans. Era molto definita: tu sei omosessuale – tu sei eterosessuale. Ma adesso le cose sono cambiate. Abbiamo ancora tanta strada da fare ma quello fu l’inizio di una dibattito molto importante.
E una cosa interessante è che molte persone di questa comunità mi hanno detto di essere contente che io fossi eterosessuale, perché un omossessuale non sarebbe stato accettato nel ruolo a causa delle molteplici complicazioni. Sarebbe stato una storia di Trans invece di una storia che ha trasceso i generi e ha parlato di amore, dando e ricevendo amore. Ma oggi siamo più inclusivi di altri generi. È bellissimo vedere che la comunità Trans ha l’opportunità di raccontare le sue storie. Anche perché 20 anni fa questo non era possibile.
Se Boys Don’t Cry venisse fatto oggi, sarebbe meglio avere un attore Trans nel ruolo?
Penso che se fosse fatto oggi – se non fosse mai stato fatto – certamente sarebbe fantastico se una persona Trans raccontasse la storia.
Hai vinto un Oscar prima per Boys Don’t Cry e poi per Million Dollar Baby. La seconda volta hai provato una diversa sensazione?
Mi stupisce di averne vinto uno, figuriamoci due. Quando qualcuno me lo ricorda, sono come… ‘Cosa? Cosa ho vinto?’ Anche perché è un effetto collaterale di una cosa che amo fare così tanto, per me fare questo lavoro è già un premio.
Sono in un teatro con tutta questa gente che ammiro così tanto e mi viene in mente Sesame Street e la canzone Una di queste cose non è come le altre e tu devi identificare la cosa fuori luogo. Ho sempre pensato che qualcuno mi potesse dire: «Hey! Cosa fai là?» È un sentimento pazzesco.
Hai detto una volta che parlavi due lingue: inglese e raccontare. Adesso come produttrice hai più controllo come narratore?
È una bella domanda. Sicuramente ho più voce. Come attrice posso dare un contributo che però nell’ultima versione del film forse viene tagliato. Ma come produttrice ho l’occasione non solo di aiutare a dar forma alla storia ma anche di scegliere gli artigiani con cui collaborare. E poi avere l’occasione di trovare queste storie è meraviglioso.
Che storie vuoi raccontare adesso?
Ho un paio di idee. Un paio di commedie divertenti e sciocche. Ma c’è anche un’altra storia su un rifugiato siriano che voglio fare, una storia incredibile di perdono e perseveranza, una storia vera. Sono sempre alla ricerca di materiale e la gente mi ispira costantemente. Trovo che le storie vere sono fantastiche. Cose a cui non crederesti se le vedessi in un film di finzione. Ci sono idee dappertutto ma ottenere quei diritti è sempre più difficile perché siamo in tanti a cercare storie.
Vivendo nel contesto della Presidenza di Trump, cambia la scelta di storie che vuoi raccontare?
No. Il mio desiderio di raccontare certe storie è sempre stato lo stesso non importa chi sia il Presidente. Penso che le mie scelte dicano chi sono come persona e ciò non cambia nonostante quello che succede intorno. Faccio storie che raccontano dei diseredati e lotto per i diritti umani.
Parlando di diritti, hai visto anche l’arrivo dell’epoca #MeToo.
Essere donna ti fa sentire spesso come una cittadina di seconda classe. Ma è fantastico che le donne si siano unite per sostenersi a vicenda in una maniera che forse gli Americani non hanno fatto dai tempi della lotta per il voto all’inizio del secolo scorso. Quello era un tempo fantastico per la solidarietà e le donne stanno ancora lottando per l’uguaglianza, l’inclusività e la parità di retribuzione. Voglio dire… anche oggi non sono pagata come la mia controparte maschile e nulla è cambiato. Non penso che sia giusto. Ma non è solo la nostra industria, succede in tutte le industrie del mondo. Adesso ci sono più occasioni e non solo per l’uguaglianza di genere, ma anche per l’uguaglianza razziale. Vediamo storie raccontate da diversi punti di vista e questo è veramente forte, perché questo business è gestito da anni da uomini bianchi. E tutte le storie sono state raccontate dal loro punto di vista e ci sono così tanti diversi modi da vedere le cose.
E con «The Hunt» e «I am Mother» sembra che torni al cinema di genere.
Beh no. Non direi ‘torno’ perché direi che ho sempre condito il mio lavoro con un pizzico dei film di genere. Fa parte dell’essere intrattenitrice fare cose diverse che mi danno l’opportunità di sfidarmi in modo diverso e anche di alleggerire lun po’ la mia vita . Se si fanno storie che finiscono male, con una fine triste, si paga un prezzo con l’anima.
Ci sono dei ruoli che hai rimpianto di non aver fatto?
No. Di solito se decido di non fare un ruolo, è perché ho valutato bene la cosa. Ci sono stati dei film che sono stati dei grandi successi con brave attrici ma la mia decisione di non accettare il ruolo è sempre stata giusta. Non penso che se avessi scelto in modo diverso, ora sarei in un film di successo. C’era un motivo per il mio licenziamento da 90210; c’era un motivo se ho perso altri ruoli. Ed è successo anche il contrario, quando qualcun’altro ha rifiutato un ruolo che ho poi fatto io. Credo che il destino non sia così misterioso.

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