Pratiche d’avanguardia cosmopolita
Jazz Track Come suona il nuovo avant jazz italiano? Se guardiamo a due recenti uscite discografiche potremo indicare alcuni punti in comune: cosmopolita, elettroacustico, collettivo. Abou Maye (Brutture Moderne) è il cd […]
Jazz Track Come suona il nuovo avant jazz italiano? Se guardiamo a due recenti uscite discografiche potremo indicare alcuni punti in comune: cosmopolita, elettroacustico, collettivo. Abou Maye (Brutture Moderne) è il cd […]
Come suona il nuovo avant jazz italiano? Se guardiamo a due recenti uscite discografiche potremo indicare alcuni punti in comune: cosmopolita, elettroacustico, collettivo. Abou Maye (Brutture Moderne) è il cd licenziato dal collettivo Fawda con base a Bologna. Lo compongono Reda Zine alle voci e guimbri, Fabrizio Puglisi alle tastiere, Danilo Mineo alle percussioni e Brothermartino a elettronica e fiati. Si tratta come è facile intuire di un progetto che fonde le musiche del Nord Africa della confraternita gnawa, ethio jazz, jazz sudafricano (in scaletta il seminale African Piano di Dollar Brand/ Abdullah Ibrahim) e pratiche d’avanguardia. La mente vola lontano eppure vicinissima, fortemente ancorata all’attualità sonora, sociale e politica. Si parla di rivoluzioni arabe e integrazione al ritmo di danze irresistibili. Oltre alle musiche, in cd e vinile, esiste anche, su YouTube, un video realizzato con i disegni del fumettista Pasquale Todisco Squaz che costituisce un altro tassello dell’operazione e ne rivela la propensione multidisciplinare che sarà oggetto di un ulteriore sviluppo con la partecipazione della danza di Melaku Belay del Fendika Cultural Centre di Addis Abeba. Il bene comune (Hora Records) è invece il secondo disco del sestetto Ghost Horse. Questa volta la base operativa è in Toscana e a formarlo sono il sassofonista Dan Kinzelman, Filippo Vignato al trombone, Glauco Benedetti a tuba, euphonium, pocket trumpet, Gabrio Baldacci alla chitarra elettrica, Joe Rehmer al basso e Stefano Tamborrino alla batteria. Nato da una germinazione del trio Hobby Horse (Kinzelmann, Rehmer e Tamborrino che firmano le sette composizioni, tutte originali) il sestetto affronta qui la sua prova della maturità, superata disinvoltamente. Rispetto al precedente qui la musica procede maggiormente per linee lunghe, iterazioni ossessive e incantatorie, spirali psichedeliche. Dal free jazz al post rock e oltre con lo stato d’animo meditativo e disincantato di chi esce da una pandemia di due anni. Questa formazione è tra i frutti migliori del nuovo jazz italiano, una delle poche a produrre un proprio suono. Merito anche della lungimiranza di festival come Novara Jazz che gli ha consentito tramite una apposita residenza di incontrarsi e di suonare.
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