Europa

Praga, la generazione di velluto in piazza contro Babiš

Praga, la generazione di velluto in piazza contro BabišLa manifestazione di ieri alla piana di Letná a Praga – Afp

Repubblica ceca, 1989-2019 Anniversario divisivo nel trentennale della Rivoluzione. Anche tra giovani e non. I vertici governativi preferiscono celebrarlo a Bratislava

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 17 novembre 2019

La Repubblica Ceca e la Slovacchia ricordano il trentesimo anniversario della Rivoluzione di Velluto, il crollo del regime del partito unico comunista in Cecoslovacchia. Simbolo di una riacquistata libertà, l’anniversario, celebrato ieri e oggi, è divenuto un terreno di scontro politico e di protesta contro il premier Andrej Babiš e il presidente Miloš Zeman.
Puntando sulla forza d’attrazione dell’anniversario, il comitato di studenti e cittadini «Un milione di attimi per la democrazia» ha convocato sulla piana di Letná a Praga una nuova manifestazione contro il premier Babiš. Come a giugno scorso all’appello hanno risposto in circa duecentomila.

A SCENDERE IN PIAZZA sono state soprattutto le generazioni della Rivoluzione di Velluto. Si tratta di quaranta-cinquantenni delle classi medie, tendenzialmente liberali e di centro-destra, che vedono in Babiš non solo un premier in pieno conflitto d’interessi ma soprattutto l’ex funzionario comunista (e forse agente della polizia segreta), che ha riconquistato il potere grazie alla sinistra e ai comunisti. Quest’ultimi infatti esprimono un appoggio esterno al governo Babiš rientrando di fatto nel recinto della maggioranza governativa.

I giovani organizzatori del comitato «Un milione di attimi per la democrazia» hanno lanciato un ultimatum al premier. «Entro la fine dell’anno revochi il mandato alla guardasigilli Benešová e venda la sua holding Agrofert o lasci la poltrona» ha lanciato dal palco uno dei volti del movimento, Mikuláš Minár.

Un elemento particolarmente critico è il fatto che il premier, secondo o terzo uomo più ricco del paese, possieda tramite la Agrofert una parte rilevante della carta stampata. Babiš per altro non è il solo oligarca ad essere proprietario di media. Negli ultimi anni praticamente tutta la stampa ceca è passata dalle mani di grandi gruppi editoriali esteri, che erano editori puri, a miliardari locali. Finiscono invece in secondo piano le vicende giudiziarie del premier, dato che i pubblici ministeri hanno archiviato la posizione del premier in un affaire di malversazioni dei fondi europei.

Un altro punto di scontro tra il governo e l’opposizione di piazza è il rapporto di alleanza e subordinazione tra il premier e il presidente della repubblica Miloš Zeman. «Il presidente non rispetta la Costituzione», attacca Minár che critica la condotta di Zeman. Il presidente è entrato diverse volte nelle prerogative del premier rifiutandosi di nominare alcuni ministri in pectore. Ma oltre a questi sgarbi istituzionali, Zeman è malvisto, se non odiato, da una parte della popolazione per la sua politica estera aperta alla Russia e alla Cina. In realtà, la permanenza della Repubblica Ceca nell’alveo della Nato non è minimamente messa in discussione, tuttavia una parte del mondo liberale ceco è insofferente a ogni dubbio espresso sulla politica estera e sull’appoggio incondizionato a Nato, Usa e Israele.

PER EVITARE SCONTRI e contestazioni diretti, i vertici del potere governativo ceco hanno optato per festeggiare l’importante anniversario della Rivoluzione di Velluto a Bratislava. Questo esilio celebrativo mostra come l’anniversario stia diventando sempre più una “data di parte”, cui fa riferimento esclusivamente il variegato mondo liberale.

Oltre a queste diatribe, che interessano soprattutto le persone dai quarant’anni in su (e i giovani vecchi), tra le giovani generazioni sta emergendo un approccio del tutto diverso. Ne è esempio l’occupazione della Facoltà di Filosofia dal 12 al 14 novembre, che ha ripreso un certo spirito della rivoluzione studentesca senza farne però un santino da venerare o dissacrare. Le attività nei tre giorni sono state fortemente incentrate sui temi dell’ecologia, della democrazia e sulla difesa delle università dalle indebite influenze delle imprese e del capitale privato.

«PER I GIOVANI sotto i trent’anni la Rivoluzione di Velluto è un fatto storico compiuto» sottolinea il sociologo Martin Buchtík. Da ciò deriva anche una differente percezione delle priorità: mentre la generazione dei padri si crogiola nei vecchi fantasmi di espansionismo russo e di ritorno al potere dei comunisti, le giovani generazioni hanno tutt’altri problemi, come l’accesso alla casa o la consapevolezza dei rischi globali. Pure gli orientamenti di valore sembrano molto diversi. Mentre le generazioni che hanno beneficiato direttamente della spinta della Rivoluzione di Velluto venerano le libertà economiche, la proprietà privata e la possibilità di fare quel che si vuole, le generazioni più giovani hanno un approccio molto più critico. Non sorprende quindi che negli ultimi mesi si siano moltiplicati i sospiri dei vecchi leader studenteschi, che non si riconoscono più nell’odierna gioventù diventata più di sinistra, verde, perfino comunista. Il tempo sembra cominciare a riequilibrare lo spostamento a destra, che aveva caratterizzato le generazioni della Rivoluzione di Velluto.

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