«Mi presento, mi chiamo David e voglio attaccare una scuola e poi suicidarmi». Il suo progetto omicida David Kozak, studente ventiquattrenne di filosofia dell’università Carlo di Praga, lo raccontava pochi giorni fa sul canale Telegram che aveva aperto per l’occasione. Parlava come se stesse programmando un pomeriggio da passare al cinema con gli amici, ma in testa aveva ben altro.

Nel suo Olimpo malato questo ragazzo biondo che ieri ha ucciso 15 persone ferendone altre 25 nella storica università ceca, prima di morire anche lui non è chiaro se suicida o ucciso dalla polizia, aveva posizionato altri giovani autori di stragi scolastiche. Come Irina Afanaskina che il 7 dicembre scorso, a soli 14 anni, dopo aver imbracciato il fucile del padre ha sparato e ucciso in Russia due compagni di scuola e ne ha feriti altri 7 prima di togliersi la vita. Ma anche Ilnaz Galyaiev, 19 anni e russo anche lui, che nel 2021 ha ucciso 9 persone, tra le quali anche dei bambini, nella sua ex scuola. Su Telegram David ne parla come degli ispiratori di quanto avrebbe fatto anche lui pochi giorni dopo. «Ho sempre desiderato uccidere, pensavo che in futuro sarei diventato un maniaco», spiega nei suoi messaggi deliranti. «Poi quando Ilnaz Galyaiev ha fatto esplodere la sua scuola, mi sono reso conto che era molto più vantaggioso commettere omicidi di massa che seriali. Mi sono seduto, ho aspettato, ho visto l’azione di Alina nel mio sogno e mi ha dato l’ultima spinta».

IL POMERIGGIO DI SANGUE e follia di David comincia in realtà al mattino quando lo studente, in possesso di numerose armi regolarmente denunciate come hanno scoperto in seguito gli investigatori, avrebbe ucciso il padre nella loro casa di Hostoun, cittadina a una ventina di chilometri da Praga. Alle 12.40 – secondo la ricostruzione fatta in serata dagli inquirenti – la polizia trova il corpo senza vita dell’uomo e comincia a ricercare David sul quale ricadono i primi sospetti. Gli agenti scoprono che ha una lezione all’università alle 14 e ordina l’evacuazione dell’edificio della facoltà di Lettere e Filosofia dove si pensa che lo studente voglia recarsi. Ma non è lì che David si dirige, preferendo un altro obiettivo. La mattanza comincia dal quarto piano dell’edificio prescelto della stessa facoltà. Il primo allarme arriva alla polizia alle 14,59. L’università Carlo si trova in piazza Jan Palach, nel centro storico di una Praga in questi giorni è piena di turisti che affollano i mercatini di Natale. In pochi minuti l’atmosfera di festa viene stravolta dall’arrivo delle teste di cuoio e degli agenti che isolano l’area chiedendo ai cittadini di non uscire di casa.

DENTRO L’ATENEO, intanto, è il panico, con la direzione della facoltà che invia agli studenti mail con le indicazioni su come muoversi e dove nascondersi. In 200 vengono fatti evacuare dalle forze dell’ordine e messi al sicuro in una galleria d’arte vicina. Chi non ce la fa a uscire cerca un nascondiglio sperando che sia quello giusto: «Ci siamo chiusi in biblioteca e ci siamo nascosti sotto il tavolo. Siamo rimasti zitti e abbiamo scritto alle nostre famiglie e alla polizia» raccontano alcuni studenti testimoni della sparatoria. Le televisioni mostrano otto studenti accovacciati su di un cornicione nella disperata ricerca di salvezza, mentre secondo alcune testimonianze non confermate almeno uno studente sarebbe morto scivolando dal cornicione.

Lo shock per la strage è fortissimo a Praga e in tutta la Repubblica ceca. In serata, quando la polizia cerca ancora di dare un nome a tutte le vittime, il governo convocato una riunione straordinaria per fare il punto sulla situazione mentre il presidente ceco Petr Pavel si dice «scioccato» per quanto avvenuto.