Pozzo alzati e cammina
Il colonnino infame Che poi i romani più che altro si sbaciucchiavano...
Il colonnino infame Che poi i romani più che altro si sbaciucchiavano...
Chi è Piero Basilone e perché La Russa parla bene di lui?
Basilone è quel magistrato di Corte d’Appello che con puntuale sentenza colse la differenza tra apologia di fascismo e saluto romano effettuato in una cerimonia «eminentemente commemorativa di morti». Nessuna ricostituzione del vecchio partito fascista quindi ma semplice espressione d’un nobile sentimento: «salutem iuvare»: augurare buona salute. Certo… augurare buona salute a dei morti può apparire impresa fuori tempo massimo, ma noi cristiani abbiamo pur sempre il precendente del Nazareno che fece alzare e camminare il povero Lazzaro che già olezzava di cadaverina; per cui in fiduciosa attesa di sentenza definitiva della Cassazione, Ignazio La Russa ed io non disperiamo che a furia di «salutem iuvare» a braccio teso in quel di Salò, di Predappio, piuttosto che d’Acca Larentia, qualcuno dei cari estinti finalmente resusciti e risponda all’appello personalmente, evitando quella surreale cagnara di migliaia di fascisti ancora vivi che sbraitano «presente» al posto degli assenti. Se poi a resuscitare non fossero solo quei poveretti degli anni ‘70, ma pure certi carissimi estinti degli anni ‘30… bè, magari nel 2026 evitiamo la prevedibile catastrofe mondiale.
Mi spiego: il saluto «romano», gli antichi romani manco sapevano che era, loro si davano la mano, si battevano il petto, si sbaciucchiavano, alle brutte buttavano lì un semplice «ave»… ma di braccia tese nell’antica Roma manco l’ombra; «saluto fascista» quindi è la definizione corretta, visto che a istituirlo fu Mussolini, un po’ per via della febbre «spagnola» che aveva appena fatto milioni di morti e quindi meno ci si toccava meglio era, un po’ perché a Benito piaceva cmq imporre a tutti qualunque cosa gli passasse per quel testone. A parte però che nelle occasioni ufficiali, la cosa non attecchì e in privato tutti continuarono a darsi la mano. A rendere decisamente popolare l’augurio di salute a braccio teso furono i mondiali di calcio del 1934 con i calciatori di Vittorio Pozzo che facendo il saluto fascista prima del fischio d’inizio vinsero la coppa Rimet spezzando le reni alla Cecoslovacchia, per poi bissare nel 1938 spezzando all’Ungheria i medesimi organi a forma di fagiolo.
E allora lasciatemi gridare: «Camerati Pozzo, Olivieri, Rava, Serantoni, Andreolo, Locatelli, Meazza, Piola, Ferrari, Colaussi… PRESENTI! Alzatevi, camminate e riprendete gli allenamenti!» Che magari ai mondiali americani del 2026 non facciamo l’ennesima figuraccia.
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