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Posta & risposta. Manconi, il mio giudizio sul caso Minzolini

Posta & risposta. Manconi, il mio giudizio sul caso MinzoliniAugusto Minzolini – LaPresse

Il senatore Luigi Manconi segnala e denuncia spesso dalle pagine del manifesto lesioni della legalità, dei diritti, della dignità delle persone; caso Regeni in primis. Le sue battaglie politiche sono […]

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 25 marzo 2017

Il senatore Luigi Manconi segnala e denuncia spesso dalle pagine del manifesto lesioni della legalità, dei diritti, della dignità delle persone; caso Regeni in primis. Le sue battaglie politiche sono note e meritorie. Lo fa dall’interno del Pd, scelta discutibile, ma gli va dato atto di smarcamenti dalla linea del capo.

Per chi lo stima è sconcertante leggere il suo nome tra coloro che hanno respinto la richiesta di decadimento per Minzolini. Voglio sospendere il giudizio, su di lui come su altri da cui non mi sarei aspettato quel voto.

Certamente non ne capisco le ragioni, pur rifiutandomi – almeno per Manconi – di farne mia la lettura di Luigi Di Maio. Penso che siamo in molti a non averle capite.

Varrebbe la pena che il senatore Manconi spendesse qualche riga per spiegare ai lettori del manifesto le sue obiezioni alla legge Severino e/o i suoi argomenti a difesa di Minzolini.

Marco De Luca, Milano

La replica di Luigi Manconi

Il voto sulla decadenza di Augusto Minzolini è stato l’adempimento di una funzione di controllo di ultima istanza che è affidata al Senato dalla stessa legge Severino. La decadenza dei parlamentari, infatti, non è un automatismo: altrimenti spetterebbe al presidente della Camera interessata la semplice comunicazione all’Aula.

Dunque, votare sì o votare no, è esattamente quanto previsto dalla Legge Severino. Norma che, peraltro, non può che essere letta alla luce dell’articolo 66 della Costituzione dove è scritto: «Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità». Il verbo usato è, appunto, «giudica» e non «ratifica» «verifica» o «prende atto». E se una valutazione deve esserci, non può che essere libera.

Così ho espresso le mie riserve con un voto conseguente.

Riserve, innanzitutto, sul fatto che alla determinazione della pena inflitta a Minzolini, soprattutto nella sua entità (di 6 mesi superiore rispetto a quella chiesta dal Pubblico ministero: proprio il tempo in più che ha fatto scattare quanto previsto dalla Severino), abbia contribuito un magistrato ottimo come Giannicola Sinisi, che però ha il non piccolo limite di essere stato parlamentare e due volte esponente di governo dello schieramento avverso a quello di Minzolini. (Schieramento e governo di cui ho fatto e faccio parte).

E a rafforzare i miei dubbi c’è ancora il fatto che, per lo stesso illecito, Minzolini si è visto dare ragione sia dalla Corte dei conti che dal Tribunale del lavoro.

Ma torniamo al punto per me cruciale: attualmente in parlamento siedono magistrati appartenenti a vari partiti. Quando, tra un anno, io non sarò più senatore, dovrò sentirmi tranquillo se per un mio eventuale reato fossi giudicato da chi oggi è parlamentare del centrodestra?

Infine, due riflessioni personali (ma fino a un certo punto).

La mia scelta ha indotto molti ad assumere la seguente posizione: bravissimo Manconi per le sue battaglie a favore dei diritti umani, ma figlio ‘e ‘ntrocchia per il voto contrario alla decadenza di Minzolini.

Vorrei che si considerasse l’ipotesi che tra le mie due posizioni ci sia una certa coerenza (faticosa e complicata anche per me).

E che non si dimenticasse che, anche su Stefano Cucchi e su Giulio Regeni, sui profughi e sui rom e sul 41-bis, mi sono trovato spesso in una desolata solitudine (o con l’esclusiva compagnia dei radicali). Anche nella sinistra. E nell’estrema sinistra.

E quell’isolamento non è certo un merito: è il segnale di una sconfitta, credo non solo mia.

Luigi Manconi

–> Per chi vuole ancora approfondire, qui il parere diverso di Luigi Saraceni

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