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Portogallo, la nuova frontiera estrattiva

Estrazioni Nelle rocce del centro-nord del paese ci sarebbero fino a 280 mila tonnellate del prezioso metallo. L’Europa dice sì e le compagnie esultano

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 25 marzo 2021

Le preoccupazioni per il boom del litio arrivano anche in Europa, dove recentemente è avvenuto lo storico sorpasso nel mercato dell’automobile delle vetture elettriche sulle vetture a motore diesel, che solo cinque anni fa erano in cima alla classifica delle vendite. Al momento la quasi totalità del litio utilizzato per alimentare le batterie viene importato, ma l’impennata della richiesta costringe a guardare anche alle proprie riserve.

GIACIMENTI DI LITIO sono stati scoperti in Austria, Serbia e Finlandia, ma sembra essere il Portogallo il paese sul quale risiedono le maggiori speranze. Secondo le prime esplorazioni compiute dalla compagnia mineraria inglese Savannah, il sottosuolo del montagnoso e verde Portogallo nord-centrale potrebbe contenere fino a 280 mila tonnellate del prezioso metallo, sufficienti per una produzione di dieci anni. Le società minerarie che puntano a quelle riserve sono svariate e il governo del Portogallo ha avviato una serie di dialoghi ed esplorazioni, con il beneplacido della Commissione europea che spinge per una maggiore indipendenza del vecchio continente da paesi terzi per i suoi mercati di auto elettriche.

L’APPROVVIGIONAMENTO di litio nel proprio cortile, inoltre, non solo offre all’Europa una logistica più semplice e prezzi più bassi, ma meno emissioni legate ai trasporti. Anche la Bei, la banca europea per gli investimenti, non farà mancare il suo supporto economico.

LE COMUNITÀ LOCALI e le associazioni ambientaliste tremano. In Portogallo il litio non si trova sciolto nelle saline ma intrappolato nelle rocce: la sua estrazione quindi comporta l’apertura di voragini nelle montagne per mezzo di esplosivi, l’impiego di solventi, un consistente prelievo d’acqua: un disastro per l’ambiente. Tutto ciò avverrebbe anche in zone ad alta naturalità, lambirebbe aree protette, sfigurerebbe paesaggi con anche un certa attrattiva turistica. Proteste locali e nazionali hanno cercato più volte di sollevare il problema, ma non si tratta di una battaglia facile.

LE SOCIETÀ MINERARIE hanno dalla loro parte le politiche europee di riduzione delle emissioni, la spinta all’economia e all’occupazione che le attività darebbero a zone tradizionalmente depresse, e la generale narrazione positiva legata agli scenari di decarbonizzazione. In un manifesto comune decine di associazioni hanno elencato tutte le conseguenze dell’attività mineraria classica: l’inquinamento di aria, acqua e suolo, l’inquinamento acustico, le vibrazioni sismiche, la diffusione di polveri, la frammentazione del paesaggio, con rischi per la salute e diminuzione della qualità della vita. A rischio anche le numerose aree protette che si trovano nelle aree individuate per l’estrazione, come una serie di beni culturali ed archeologici.

CHIEDONO INFORMAZIONI precise, trasparenti e complete, il riconoscimento del diritto al consenso libero, informato e preventivo a qualsiasi progetto di esplorazione ed estrazione, indagini tecniche indipendente e il coinvolgimento del pubblico in tutte le fasi di un progetto estrattivo e nella valutazione degli impatti.

È QUASI PARADOSSALE che l’antica potenza coloniale che si è ricoperta dell’oro e dell’argento sventrando e saccheggiando i paesi del sud del mondo, ora si ritrovi alle prese con un suo piccolo sud interno a rischio devastazione ambientale.

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