Politica

Ponte Galeria, tregua nella protesta

Immigrati Il caso di una coppia tunisina che rischia il rimpatrio

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 27 dicembre 2013

Tutti gli appalti per la gestione dei Cie saranno rivisti dal ministero degli Interni. Una task force di tecnici è già al lavoro nel rivedere tutte le gare d’appalto, mentre a giorni partiranno le ispezioni nei 13 Centri di identificazione ed espulsione presenti in Italia per valutare le condizioni in cui vengono ospitati gli immigrati. E’ stato il ministro degli Interni Angelino Alfano a parlare delle due iniziative adottate dal Viminale dopo lo scandalo del centro di accoglienza di Lampedusa e la protesta messa in atto nel Cie romano di Ponte Galeria, dove nei giorni scorsi quindici immigrati di origine africana si sono cuciti le labbra per attirare l’attenzione sulle condizioni in cui sono reclusi e sui lunghi tempi di permanenza. Nel centro la protesta si è fermata e solo due immigrati hanno ancora la bocca cucita. Ieri sera si è tenuta un’assemblea per decidere se e come proseguire, alla quale hanno partecipato anche alcuni operatori.

Nel giorno di Natale nella struttura si sono recati tre parlamentari di Sel, Ileana Piazzoni, Filiberto Zaratti e Nazzareno Pilozzi, che ieri hanno scritto al presidente della repubblica Giorgio Napolitano chiedendo «un intervento forte». «Il Cie di Ponte Galeria e i Cie italiani versano in condizioni vergognose e testimoniano come una legislazione sbagliata e inadeguata abbia prodotto situazioni inaccettabili per un Paese civile – hanno scritto i deputati di Sel -. La legislazione in materia di immigrazione deve essere al più presto modificata chiudendo i Cie senza ulteriore indugio».

Una realtà testimoniata anche dalle tante storie personali che i parlamentari hanno potuto toccare con mano durante la loro visita al centro nel quale si trovano 27 donne e 54 uomini. Una, in particolare, i tre parlamentari hanno voluto segnarla anche a Napolitano. «Una ragazza tunisina ha tentato di impiccarsi di fronte al dramma di essere rimpatriata nel suo Paese, da cui è fuggita per vessazioni familiari inaudite – è scritto nella lettera al capo dello Stato -. Questo caso in particolare ci ha colpito: una giovane donna che, per aver sposato un ragazzo diverso da quello scelto dalla sua famiglia, anche lui recluso a Ponte Galeria, oggi, se rimpatriata, rischierebbe la vita per mano di quella stessa famiglia che le ha dato i natali. E come lei suo marito». Ma non si tratta dell’unico caso. Ileana Piazzoni ha poi ricordato il caso di una donna bosniaca di 31 anni. «Da cinque mesi si trova rinchiusa al Cie solo perché dopo tanti anni in Italia ha perso il lavoro e non ha potuto rinnovare il permesso di soggiorno. Ci sono molti casi simili».

La situazione nel centro sta comunque tornando alla normalità. La scorsa notte alcuni immigrati hanno dormito all’aperto, sopra alcune coperte stese nel cortile della struttura. Un modo per proseguire pacificamente la protesta cominciata il 21 dicembre scorso. «Ora che le istituzioni si sono mosse e la stampa ha parlato del nostro caso, proseguire è inutile», ha spiegato Mohammed Nouimy, uno degli immigrati considerato il portavoce della protesta. Gli africani hanno anche scritto una lettera a papa Francesco e affidata al cappellano della struttura, don Emanuele Giannone. Nel testo si ribadisce come i motivi della protesta siano i tempi lunghi di detenzione nel Cie, e pur ribadendo fiducia nelle istituzioni chiedono una risposta alle loro richieste.

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