Polvere, «batucada» e partite senza arbitro: è la Copa Rebelde
Brasile Iniziativa popolare contro il business della Fifa
Brasile Iniziativa popolare contro il business della Fifa
Siamo a San Paolo del Brasile, finalmente arrivati alla Coppa 2014, l’evento dove 32 brave squadre di calcio si preparano per confrontarsi. La tifoseria accorre numerosa, per vedere le partite. Fa caldo, la struttura ricettiva è scadente, e a ogni tifoso è chiesto di portarsi l’acqua, cibo, e dei cuscini da casa, per sedersi per terra. Tifoseria e calciatori devono arrivare presto per aiutare a zappare l’erba del campo, per levarne i sassi e raccogliene la spazzatura. La polvere rossa sale e avvolge tutti, ma nessuno ci fa caso. Il Comitato Organizzatore della Coppa ha permesso ai venditori ambulanti di vendere quello che desiderano. Si sono persino organizzati con i proprietari dei negozi nei dintorni del campo perché liberassero i bagni ai tifosi.
La batucada è stata consentita, e in molti arrivano con i tamburi. I bimbi corrono liberamente dentro il campo.
È così che le cose funzionano nella «Copa Rebelde dos Movimentos Sociais», organizzata dal Comitato Popolare della Coppa di San Paolo. Ognuna delle 12 città-sede del Mondiale Fifa ha un suo Comitato costituito dai diversi gruppi dei movimenti sociali. A San Paolo, dove la Coppa Ribelle arriva alla seconda edizione, i ragazzi non rinegano il calcio come passione nazionale. Anzi, ne vanno pazzi. Purché il calcio non diventi il profitto sfrenato come vorrebbe la Fifa. Il Comitato ha cambiato la contestata mascotte Fuleco del Mondiale con una versione femminile, il cui pugno chiuso fa veramente pensare.
Ogni movimento di questa Coppa si è organizzato in una squadra. C’è l’Auditoria del Debito, il Terra Livre, il Favela del Molino, i Rinnegati della Copa e la seleção Rosa Nera – Azione Diretta e Calcio, «anticapitalista, orizzontale e mista» secondo una delle fuoriclasse della squadra. «Uomini e donne insieme, senza alcuna discriminazione di genere». Le 32 squadre si suddividono in 8 gruppi. Nella Coppa alternativa dei movimenti, tutto viene deciso collettivamente. Per esempio, l’arbitro è soppresso, e ogni calciatore è diventato responsabile per evitare le tipiche liti da campo di calcio.
A proposito, le azioni violente e gli scarpini con i tacchetti sono quasi gli unici divieti assoluti. I tifosi sono incoraggiati a portare in campo sia le bandiere delle loro squadre, sia gli striscioni con le parole d’ordine dei movimenti che rappresentano. «La Coppa Rebelde propone l’inclusione sociale, al contrario della Coppa della Fifa», affermano quelli del Comitato Popolare della Coppa. «Il governo ha concesso privilegi alla Fifa, alle banche e all’abusivismo edilizio. Da quando il Brasile è stato scelto per il Mondiale, soltanto a San Paolo sono già state sfratate 50 mile famigle per fare posto alle grande opere della Coppa e delle prossime Olimpiade».
«La nostra mobilitazione non finirà con il Mondiale», racconta una giornalista vicina ai movimenti, che chiede di rimanera anonima. Il caso è drammatico, a San Paolo. Basta che si partecipi a una qualsiasi protesta e si corre il rischio di essere chiamati dalla Segreteria di Pubblica Sicurezza per essere interrogati. Persino le madri dei manifestanti vengono chiamate per essere interrogate. «Il governo federale, degli stati e i comuni si sono uniti attorno in modello di gestione del conflitto», dice la giornalista.
«Le Upps – le unità di polizia pacificatrice – hanno occupato le favelas di Rio de Janeiro per addomesticarne gli abitanti. Dopo i soldati ci entrano le aziende di telefonia e poi le banche con i loro pacchetti di prodotti. È tutto parte di una politica per creare nuovi mercati».
In mezzo alla polvere alzata dal terreno dove la popolazione è riuscita a bloccare un’opera che li avrebbe danneggiati, si può notare l’afflato internazionalista di questi «ribelli». Ognuno di loro parla con molta consapevolezza del lato negativo della mercantilizzazione dello spazio pubblico a causa delle aziende petrolifere in Centro America, degli impianti idroelettrici in Messico e degli appaltatori in Africa.
Finito il torneo popolare (giocato in un fine settimana di aprile), di calcio non si vedrà più nulla. Le città-sede del Mondiale saranno blindate. Ci vorrano dei pass per girare per le strade vicine agli stadi, dove non ci saranno né ambulanti, né bandiere, né batucada, né bambini, ma soltanto le forze dell’ordine per garantire il Mondiale più militarizzato della storia. Il popolo ne rimarrà fuori. Quindi, si esce in piazza. Di nuovo.
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