Polonia, la solidarietà verso i profughi ucraini si raffredda. Via i sussidi
Ma la guerra continua Il governo dice stop agli aiuti per chi ospita e anche tra l’opinione pubblica l’accoglienza non va più di moda
Ma la guerra continua Il governo dice stop agli aiuti per chi ospita e anche tra l’opinione pubblica l’accoglienza non va più di moda
A partire da luglio niente più sussidi per vitto e alloggio in Polonia a chi ospita rifugiati ucraini, almeno per chi li aveva ricevuti a partire da marzo scorso subito dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Il governo polacco della destra populista di Diritto e giustizia (Pis) aveva messo a disposizione, attraverso le amministrazioni locali, un aiuto finanziario giornaliero di 40 zloty (circa 8,5 euro) a persona per una durata di 60 giorni, prorogata poi di altri due mesi. «Nel corso degli ultimi 4 mesi più di 250.000 cittadini ucraini sono stati assunti in Polonia. Allo stato attuale il 50% degli ucraini in età lavorativa ha trovato un impiego nel nostro paese», ha spiegato Paweł Szefernaker, numero due del ministero dell’Interno polacco.
Sono previste delle eccezioni per donne incinte, madri di figli con meno di un anno e persone con disabilità. In ogni caso gli ucraini in possesso di valido permesso di soggiorno, inclusi quelli che si trovavano in Polonia prima della guerra, potranno continuare a beneficiare di uno dei capisaldi del Pis, il programma Rodzina 500+ (Famiglia 500+) che prevede un assegno mensile di 500 zloty per figlio (circa 105 euro).
Famiglia 500+ era stato introdotto dal governo nel 2016 per stimolare la crescita demografica del paese e consolidare il consenso del Pis in vista delle successive elezioni parlamentari, vinte ancora una volta dalla formazione fondata dai fratelli Kaczynski.
Il tempo della solidarietà non è finito in Polonia ma è indubbio che nel Paese sulla Vistola si vada verso un progressivo ridimensionamento delle misure di sostegno in favore dei profughi. Già dal mese scorso, niente più mezzi di trasporto pubblici gratuiti per i passeggeri ucraini nei grandi centri del paese, a Varsavia, così come a Cracovia. Anche Pkp, la principale azienda ferroviaria del paese, a partire da luglio, non offrirà biglietti gratuiti, neanche ai rifugiati che utilizzeranno il treno per spostarsi nelle regioni di confine tra i due paesi.
Anche l’opinione pubblica si sta raffreddando. Secondo un sondaggio condotto da Ibris per il quotidiano conservatore Rzeczpospolita, il 70% dei polacchi si dichiara favorevole alla permanenza degli profughi nel proprio paese ma a condizione che trovino un lavoro e siano autosufficienti.
Degli oltre 4.4 milioni di ucraini che hanno attraversato il confine polacco dalla fine di febbraio scorso, tra anziani e bambini, sono molti i rifugiati a non essere in età lavorativa. Il rischio è che una lettura superficiale dei dati crei una percezione sbagliata degli ingressi, alimentando aspettative irrealistiche da parte della società polacca sul fatto che la maggioranza dei rifugiati abbia il «dovere morale» di trovare un impiego in Polonia.
Intanto, ai posti di frontiera, continua l’odissea degli ucraini tornati a casa per portare la propria auto usata in territorio polacco senza dover pagare dazi doganali, un’agevolazione valida fino alla fine di questo mese. Alcuni hanno dovuto aspettare in coda oltre 50 ore in macchina nel caldo infernale degli ultimi giorni per registrare il proprio veicolo all’ingresso in Polonia.
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