«Un parte importante del Pnrr adesso è bloccata, si fermano così le riforme che avrebbero dovuto modernizzare i comuni. Speriamo sia solo uno stop temporaneo»: Matteo Ricci, primo cittadino di Pesaro e coordinatore dei sindaci del Pd, racconta come cambia lo scenario con le dimissioni del governo.

È stato tra i promotori della lettera di sostegno a Draghi, cosa significa avere un esecutivo in carica per gli affari correnti?
Le risorse del Pnrr vengono liberate dall’Ue in tranche in base all’attuazione delle riforme che ci siamo impegnati a fare: risorse, quindi, in cambio di riforme. Il garante era Mario Draghi. Una parte importante, almeno la metà, non sono ancora state assegnate, si tratta di fondi per nuovi bandi. Per ora sono ritardate ma si corre il rischio di perderle. Miliardi che servono per trasformare le città: dalla transizione ecologica e digitale fino ai provvedimenti di carattere sociale. Inoltre, non avere un interlocutore a palazzo Chigi significa aver affossato la riforma del Tuel, il testo unico degli enti locali: le province restano nel limbo, i comuni non vengono rafforzati, nel cassetto la discussione sul terzo mandato e lo status dei sindaci.

Il quadro economico è in peggioramento.
Senza un governo nella pienezza dei poteri non possiamo affrontare le emergenze sociali: l’inflazione, che sta mettendo a dura prova famiglie e lavoratori; il salario minimo, una delle priorità del governo in accordo con i sindacati; il taglio del costo del lavoro in modo da aiutare il potere d’acquisto. L’autunno segnerà un brutto risveglio per molti italiani in assenza di provvedimenti governativi che possano tamponare la situazione.

Poteva reggere un governo con forze politiche così differenti a ridosso delle elezioni?
Poteva reggere se tutti avessero dimostrato responsabilità. Il voto ha reso le cose molto chiare: ci sono stati partiti responsabili che hanno dato la fiducia e forze irresponsabili che, per bassi calcoli di bottega, hanno messo gli interessi degli italiani in secondo piano. Spero che questa irresponsabilità la paghino, che gli italiani si ricordino chi ha mandato a casa il governo guidato dall’italiano più autorevole che avevamo, che poteva lavorare a mettere un tetto al prezzo del gas. Spero che il 25 settembre si ricordino che c’è una scelta da fare tra la destra peggiore, una destra – destra estrema, e le forze democratiche responsabili legate all’europeismo.

Non è stato un discorso troppo abrasivo quello di Draghi, di scontro frontale con pezzi della maggioranza?
Non è il discorso di un politico che deve rimanere lì a tutti i costi. Se lo avessi fatto io o uno che sta in politica da anni avrebbe avuto un tono diverso. Matterella gli ha chiesto di svolgere un ruolo per risolvere emergenze come il Covid, il Pnrr. Quello era il suo compito, non assecondare richieste politiche strampalate. Coerentemente con il suo mandato e il suo stile, ha fatto il discorso che ha fatto. Gli italiani hanno capito cos’è successo: alcuni partiti, pensando di essere avvantaggiati alle elezioni, hanno fatto cadere il governo.

Il Pd deve ripensare strategie e alleanze.
Dobbiamo far crescere il Partito democratico, la campagna elettorale semplificherà il quadro: sarà una scelta tra Meloni e gli alleati da un lato, il Pd e gli alleati dall’altro. Dobbiamo polarizzare: ci sono basi programmatiche e valoriali del tutto alternative tra noi e FdI. Puntiamo a essere il primo partito. Conte ha fatto una scelta suicida, nel giro di pochi giorni rischia di perdere anche la leadership: il movimento diventa antagonista, il leader non può più essere lui, cosa che gli avevamo detto già prima del voto in Senato. E lo dice uno che ha i 5S in giunta, che ha lavorato per costruire dialogo e alleanza con i pentastellati. Ma è chiaro che il campo largo con loro non è più praticabile. Luigi Di Maio deve provare a fare un movimento civico nazionale, deve provare a dimostrare che un pezzo consistente, e responsabile, dei 5S sta con lui non solo in parlamento ma nel paese, schierato nel nostro campo.

È ripartita la corsa al centro.
Costruiamo nei collegi un’alleanza con tutte le forze che hanno votato la fiducia a Draghi. Bisogna che il centro si organizzi: Calenda, Renzi, i fuoriusciti da Forza Italia trovino il modo di presentarsi insieme come polo liberaldemocratico. Lo spazio c’è come dimostrano la Germania e la Francia, anche se in situazioni diverse. E poi c’è la quarta gamba che è la sinistra ecologista, Sinistra italiana più Verdi, anche se sono stati all’opposizione di Draghi perché la loro è stata una posizione coerente fin dall’inizio. Ed è anche un rapporto già sperimentato nei territori. Pd primo partito con una coalizione competitiva in tutti i collegi, ampia ma credibile, così dobbiamo sfidare la destra.