Cultura

Polifonia di voci per immaginare e costruire una città di fratelli

Polifonia di voci per immaginare e costruire una città di fratelliStreet art nel quartiere romano di Tor Marancia, un'opera di Seth

Urbanistica e società «Roma: un progetto per la capitale», a cura di Piero Bevilacqua ed Enzo Scandurra, da oggi in libreria per Castelvecchi. Un libro polifonico dall'indole «didattica», rivolto a una classe politica carente (quando non ne sia priva) di immaginativa progettuale sulla città. Dieci gli autori che spaziano dalle pratiche solidali dell’accoglienza messe in atto ai margini della metropoli fino al tema dei trasporti

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 28 gennaio 2021

In vista delle elezioni comunali, un intellettuale collettivo, chiamato a raccolta da Piero Bevilacqua ed Enzo Scandurra, delinea in un «libricino» un nuovo «paradigma urbano». Roma: un progetto per la capitale (da oggi in libreria per Castelvecchi, pp. 96, euro 15) è il palinsesto di un programma politico a sinistra: «è un libro di parte», asseriscono i due curatori introducendo il lavoro, ascrivibile alla categoria della «cultura della proposta».

IL LIBRO GUARDA al passato e, tramite «impietosa» indagine critica, procede verso il futuro in una prospettiva convincente e non priva di creatività. Come nella proposta di Bevilacqua per una Casa delle Scienze Umane, dove, liberati dalle pastoie della «immediata e spendibile utilità economica», i saperi umanistici sono messi al lavoro e divengono occasione di impiego nella conoscenza, per modellare una nuova «cultura di ecologia urbana».

UN INNEGABILE MERITO di questo libro polifonico è rinvenibile nella sua indole «didattica», rivolta a una classe politica carente (quando non ne sia priva) di immaginativa progettuale sulla città e di consapevolezza della materia urbanistica (molto tecnica invero, ma nondimeno politica). L’urbanistica diviene così, nel libro, la cornice narrativa entro la quale riprende forma una «città sciolta nell’acido del mercato», che ha perso la sua dimensione pubblica a seguito dell’assalto privatistico alla ricchezza sociale, della managerializzazione dei servizi, della estrazione – pervasiva e feroce – di rendita fondiaria e immobiliare.

Citando un articolo di Luigi Cosenza (Rinascita, 1944) – «i piani regolatori sono problemi di solidarietà umana» – Scandurra propone al lettore un paradigma profondamente umano – «paradigma urbano» lo definisce, mutuando l’espressione da Bergoglio – nel quale Roma possa affrontare il «passaggio da una città di soci ad una di fratelli». È urgente far pendere la bilancia verso gli esclusi – continua l’urbanista – riducendone «il dolore quotidiano», costruendo un nuovo welfare e sottraendo gli spazi comuni alle «bande organizzate» che li privatizzano.

LE LINEE LUNGO LE QUALI si muove il «Progetto» per Roma si dipanano nelle pagine che seguono, dove si fa irruzione: nelle pratiche solidali dell’accoglienza messe in atto ai margini della metropoli (Roberto De Angelis); nell’agricoltura urbana e periurbana, attuabile da «cooperative di comunità» sui 10mila ettari di terre pubbliche ricadenti nel comune capitolino (Matteo Amati); nella proposta di un parco letterario dedicato a Carlo Levi, che Filippo La Porta innerva di preziose citazioni. La falsa narrazione del social housing e l’urgenza di avviare un piano di edilizia residenziale pubblica, anche tramite il riuso di edifici dismessi, rientrano nel capitolo di Gaetano Lamanna che fornisce inoltre suggerimenti per mettere in atto esperienze di residenzialità alternative alle Rsa, quali i condomìni solidali o i portierati sociali.

DIECI IN TUTTO gli autori, ma un solo pezzo – troppo poco – è a firma femminile, quello peraltro dedicato al più erculeo dei problemi delle città: la trasportistica. Le due urbaniste, Maria Rosa Vittadini e Alessandra Valentinelli, si cimentano in un esercizio di alfabetizzazione sulle possibili vie d’uscita praticate in tema nelle capitali mondiali, che promettono buoni risultati nel segno della messa in comune dei mezzi di trasporto.

L’APPORTO ESEMPLARE, tuttavia, non ha solo natura esogena. Roma è stata capace di formulare progetti memorabili, che Vezio De Lucia tratteggia con autorevole sintesi, ripercorrendo le vicende del governo urbano, da Argan a Petroselli, fino ad approdare al Progetto Fori che, nell’epigrafe che lo condensa, dischiude tutt’oggi il suo fascino: «accorciare le distanze fra centro e periferia, accorciare le distanze fra i tempi della storia». Com’è noto, il progetto viene travolto da una città in piena espansione (Paolo Gelsomini), dove l’urbanistica privatistica – e le invenzioni del Prg: dalle «compensazioni» alle mal congegnate «centralità», dal «pianificar facendo» ai «diritti edificatori» – ha vanificato i «sogni» per una «nuova Roma».

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