Economia

Poletti, il Sacconi pacioccone

Poletti, il Sacconi paciocconeIl ministro del Lavoro Giuliano Poletti, ex numero uno di Legacoop

Le coop al ministero Ex comunista, emiliano di origini contadine, il neo titolare del Lavoro giustifica la liberalizzazione dei contratti a termine: "Altrimenti il lavoratore ti fa causa"

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 14 marzo 2014

Alla faccia delle Coop. E chi lo avrebbe mai detto che un ministro con un pedigree comunista, emiliano doc, cresciuto tra filari di vigne, tagliatelle e una carriera in Legacoop potesse nascondere un animo sottilmente «sacconiano». Per carità, ben dissimulato da un’aria paciosa e pacioccona. Ecumenica: il mantra di Giuliano Poletti, da quando si è insediato al Lavoro, è che «nessun italiano dovrà più vivere nella condanna della disoccupazione: tutti dovranno avere qualcosa da fare».

Un sogno che parte dalla sua bella Romagna, dal casolare vicino Imola dove è nato e dove le cronache locali raccontano del lavoro iniziato a 6 anni, accanto alla sorella Irma, oggi benzinaia: «Si andava a pulire la stalla, a dar da mangiare alla scrofa che aveva appena partorito i maialini», ricorda lei. Una speranza, per i precari italiani… Ma siamo sicuri?

Il sogno si infrange dopo lo show di Renzi, due sere fa, a Palazzo Chigi: super Matteo lascia la parola ai ministri suoi comprimari, il fido Delrio, l’immarcescibile Lupi, il freddo Padoan, Poletti. L’ex plenipotenziario delle Coop, spiegando il decreto sui contratti a termine e l’apprendistato, rivela un’anima da pragmatico imprenditore, derubricando i diritti e le tutele a «impedimenti burocratici», «lungaggini» di cui è bene liberarsi.

Ma per favorire chi? Per giustificare l’allungamento da 1 anno a 3 del contratto a termine senza più causale, Poletti dice: «Ma, sapete, la causale era il principale motivo utilizzato dal lavoratore per fare causa all’azienda: siccome capita spesso che non venga rispettata, allora poi scatta il tempo indeterminato. Questo induce gli imprenditori a non assumere». Certo, ministro, sarà pure vero: ma quindi il suo lavoro è cancellare le tutele?

Stesso discorso per gli apprendisti. La «semplificazione» poletto-renziana consiste nel «togliere i vincoli, come l’obbligo formativo e la validazione presso la direzione provinciale del lavoro». Lungaggini che frenano le assunzioni, secondo il ministro, come lo stesso obbligo di stabilizzarne di una percentuale: «Finisce sempre che si licenzia l’apprendista un mese prima della fine del contratto». Ma insomma, un apprendistato svuotato da obblighi formativi e da una qualche speranza di assunzione, ci spieghi Poletti a cosa serve: mette in mano alle imprese (e anche alle sue amate Coop) l’ennesimo contrattino precario, che non ha alcuna ragione in sé se non il risparmio? Benvenuto, ministro Coop.

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