Polanski, per la Polonia il caso non è chiuso
Cronaca Il cambio di governo, avvenuto il mese scorso, colpisce anche il celebre regista. Il ministro della giustizia polacco Zbigniew Ziobro ha deciso di appellarsi alla Corte suprema perché, secondo lui, la sentenza di ottobre costituiva una «seria infrazione» del trattato d’estradizione tra Polonia e Stati uniti.
Cronaca Il cambio di governo, avvenuto il mese scorso, colpisce anche il celebre regista. Il ministro della giustizia polacco Zbigniew Ziobro ha deciso di appellarsi alla Corte suprema perché, secondo lui, la sentenza di ottobre costituiva una «seria infrazione» del trattato d’estradizione tra Polonia e Stati uniti.
Il cambio di governo in Polonia, avvenuto il mese scorso, colpisce anche Roman Polanski. Quando, il 30 ottobre 2015, la sentenza di un giudice di Cracovia aveva decretato che l’estradizione del regista polacco richiesta dagli Stati uniti sarebbe stata «ovviamente illegale», i problemi di Polanski legati alla condanna per aver avuto rapporti sessuali con una minorenne, nel 1977, a Los Angeles, almeno in patria, sembravano finiti.
A seguito della sentenza, in cui il giudice aggiungeva che lo stato della California difficilmente avrebbe riservato all’ottantaduenne Polanski un trattamento carcerario «umano», l’ufficio della procura di Cracovia aveva annunciato che avrebbe rinunciato ad ulteriori appelli.
È stata quindi accolta con una certa sorpresa, ieri mattina, la dichiarazione con cui il ministro della giustizia polacco Zbigniew Ziobro annunciava di aver deciso di appellarsi alla Corte suprema della Polonia perché, secondo lui, la sentenza di ottobre costituiva una «seria infrazione» del trattato d’estradizione tra Polonia e Stati uniti.
Non sarebbe la prima volta che il caso di Polanski viene usato in modo strumentale – per dar risalto un ambizioso procuratore losangelino, per mettere in buona luce il governo svizzero negli Stati uniti… e Ziobro sembra deciso a sfruttare fino in fondo l’opportunità di alzare il profilo della svolta reazionaria del suo paese con un caso internazionalmente celebre come questo.
Oltre alla decisione di intentare un nuovo appello, il ministro del partito Diritto e Giustizia (Pis), ha sporto, infatti, aspre critiche all’operato del giudice Dariusz Mazur, responsabile della sentenza di ottobre, sostenendo che questi avrebbe «collezionato le prove in modo parziale e selettivo». Ziobro si è anche detto completamente contrario alla conclusione di Mazur secondo cui Polanski – che nel 1978 ha trascorso 42 giorni in prigione in California e, nel 2009/2010, un periodo agli arresti domiciliari nei pressi di Gstaad, prima che il governo svizzero decidesse contro l’estradizione – avrebbe già scontato per intero la pena attribuitagli in absentia.
Al momento, Roman Polanski è in Polonia, impegnato sulle riprese di un film sull’affare Dreyfus tratto dal romanzo di Robert Harris An Officer and a Spy, a cui pensava da tempo e che aveva finalmente deciso di realizzare dopo che la sentenza dell’ottobre scorso aveva garantito la possibilità di girare nel suo paese natale.
Solo la settimana scorsa, a Katowice, il regista (che oltre alla cittadinanza polacca gode di quella francese) è apparso in una conferenza stampa sul film, insieme al suo compositore abituale, Alexandre Desplat. Non è ancora chiaro che tipo di effetto pratico avrà la mossa di Ziobr sulla lavorazione.
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