Italia

«Pochi controlli e troppe deroghe per le merci»

Intervista a Giulia Guida, segretaria nazionale Filt Cgil «Usare autisti in distacco transnazionale consente di aggirare le norme sui contratti, innescando una concorrenza sleale che spinge il settore oltre i limiti»

Pubblicato circa 6 anni faEdizione del 8 agosto 2018

«Il 90% del traffico merci, anche pericolose, in Italia viaggia su gomma. È una distorsione che andrebbe sanata spostando il trasporto verso ferro e via mare. Ma per il sistema integrato gomma-ferro ci vogliono investimenti, i gruppi di settore e i padroncini che lavorano conto terzi fanno resistenza» spiega Giulia Guida, segretaria nazionale della Filt Cgil, che aggiunge: «Serve dare continuità al progetto Connettere l’Italia che investe sulla cura del ferro in modo compatibile con l’ambiente e il territorio».

Il Codacons accusa il ministro Toninelli di aver presentato ricorso al Consiglio di Stato contro i divieti di circolazione dei mezzi pesanti. Cosa pensa la Filt?
Le associazioni dei trasportatori fanno pressione per ridurre le restrizioni, in particolare chiedono libertà di circolazione il sabato e la domenica per accorciare i tempi di consegna. Ma è una politica molto pericolosa. La legge prevede che possano viaggiare solo di notte e non nei week end ma le prefetture hanno la facoltà di rilasciare deroghe, così si eludono i divieti. Invece bisognerebbe prestare molta attenzione a questo tema, ci vogliono scelte più decise e blocchi della circolazione più forti. Il disastro di lunedì è avvenuto in agosto sulla linea Adriatica, affollata di merci ma anche di vacanzieri, il bilancio finale avrebbe potuto essere molto più drammatico.

L’incidente a Borgo Panigale potrebbe essere stato causato dall’autista che trasportava Gpl
Di solito quelli che trasportano combustibili sono altamente professionalizzati, ma la maggior parte dei conducenti opera in condizioni molto al di sotto degli standard di legge. È diffuso il ricorso a guidatori in distacco transnazionale, una sorte di contratti in somministrazione, la maggior parte vengono dall’est Europa. Le norme sui contratti in Italia sono molto rigide: dopo 4 ore di guida si devono fermare, hanno diritto al riposo lungo di due giorni, ma i controlli sono scarsissimi e le regole vengono facilmente eluse. I controlli incrociati del sindacato diventano molto difficili perché le paghe di chi è in distacco transnazionale vanno all’estero così non sai quanto prendono, quanti contributi vengono effettivamente versati, regole e riposi spesso saltano, innescando una concorrenza sleale che spinge l’intero settore a forzare i limiti.

In che condizioni lavorano?
L’età media è molto alta, circa 60 anni, nell’ultima revisione della legge sono rientrati tra i lavori gravosi ma non in quelli usuranti, il che è assurdo. Non esistono aree attrezzate per la sosta, vivono sui loro mezzi in condizioni igieniche molto precarie. Ci sono le tecnologie per rendere più sicuro il lavoro ma non si spinge sugli investimenti. Ad esempio del progetto Smart road, voluto dall’ex ministro Delrio, è stato avviato solo lo scorso luglio un unico tratto sulla Salerno-Reggio Calabria per la posa in opera di sistemi e postazioni per connettere utenti e operatori Anas. Se fosse già in funzione, lunedì avrebbe avvisato gli autisti di non passare da Borgo Panigale, potrebbe allertarli quando un ponte ha un’anomalia che può comprometterne la staticità.

Chi controlla le condizioni di lavoro degli autisti?
Le società più grandi hanno a bordo strumenti tecnologici come i cronotachigrafi in grado di registrare tempi di guida e soste. La polizia stradale ha le competenze per verificare i tracciati e per controllare il rispetto delle norme ma i controlli sono molto scarsi e, in generale, si è investito poco per aumentarli. Si tratta di un settore che incrocia la sicurezza di tutti quelli che circolano per le strade. L’esplosione di Bologna, ad esempio, ha coinvolto un asse che collega il Sud della penisola con il Settentrione e con i mercati del Nord Europa. È strategico per l’industria ma che per la mobilità privata, non controllare significa esporre in tanti a gravi pericoli. Poi ci sono i mezzi delle imprese più piccole, che non hanno dotazioni tecnologiche e non sono neppure incentivate a metterli perché, appunto, nessuno controlla.

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