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Plantasia, suoni per piante sensibili

Plantasia, suoni per piante sensibili

Eventi Divagazioni hippie tra giardinaggio e musica elettronica lasciandosi cullare da un’opera concepita negli anni ’70 da Mort Garson per stimolare la crescita dei vegetali. Il concerto sabato al festival «Acusmatiq» di Ancona

Pubblicato circa un anno faEdizione del 27 luglio 2023

La musica elettronica ha tra le sue peculiarità quella di attraversare, ispirandole, personalità dotate di ingegno multiforme e curiosità per il mondo che poi regalano perle di piacevole stravaganza come Mother Earth’s Plantasia, opera musicale composta da Mort Garson. Chi era? Un canadese classe 1924, passato dall’esercito al lavoro di pianista turnista, quello del session player che fa il jolly per esibizioni di gruppi di cui non è membro stabile, e tra i primi arrangiatori e compositori per Moog. Ed è sul Moog, sistema di sintetizzatori basato su tastiera inventato a metà anni Sessanta da un ingegnere che si chiamava così, che Garson ha composto e suonato appunto l’opera musicale Plantasia nata sulla scia del movimento hippie californiano; un lavoro sonoro elettronico pensato per stimolare la crescita delle piante.

ERA IL 1976, ANNO FORMIDABILE in cui Foucault scorrazzava per la Death Valley e si calava gli acidi a Furnace Creek ascoltando Karlheinz Stockhausen, e Joel Rapp, scrittore e regista di sit comedy americano tra cui Gilligan’s Island, gestiva con sua moglie Lynn il negozio di piante da interno a Los Angeles, Melrose Avenue, Mother Earth’s Boutique. La coppia oltre a vendere dracene alle celebrità di Hollywood (era quello un tempo in cui le vendite americane di verde casalingo erano aumentate in neanche un lustro del 400%), scriveva libri di giardinaggio e metteva a punto brillanti strategie di marketing come quella di vendere uno dei loro manuali (Grow With Your Plants the Mother Earth Hassle Free Way, pubblicato due anni prima) insieme al vinile di Garson che raccoglieva i principi di cura delle piante trasformati in suoni.

NELL’INTRODUZIONE AL LIBRO SI PARLA delle crisi energetiche e petrolifere dei primi anni Settanta e degli effetti sul quotidiano delle persone legato a tali carenze come opportunità per modulare le proprie condotte di vita consapevoli del loro impatto ambientale sulla società. Mezzo secolo dopo rieccoci qua, con crisi simili e simile bisogno di consapevolezza, e la Sicilia che rischia di diventare Furnace Creek.

IL DISCO È STATO RISTAMPATO dall’etichetta indipendente Sacred Bones poco prima della pandemia, altro momento storico in cui l’attenzione per le piante da interno è aumentata vertiginosamente in poco tempo e le affinità comportamentali e le connessioni tra uomini e vegetali è emersa.

LO AVEVA SPIEGATO STEFANO MANCUSO: «Siamo stati bloccati e costretti, esattamente come le piante, a prestare attenzione al nostro ambiente, cosa non scontata. La percezione perfetta di quello che ci circonda la si ha solo stando fermi, abbiamo finalmente fatto conoscenza con il nostro spazio».

QUELLO CHE OGGI È SPIEGATO con basi scientifiche da un botanico autorevole, artefice tra l’altro anche del progetto Giardini Musicali di Firenze, negli anni Settanta della California hippie si propagava oltre che con lavori accademici (The sound of Music and Plants di Dorothy Retallack), anche in salsa new age anche grazie a testi come The Secret Life of Plants, di Peter Tompkins e Christopher Bird, da cui è stato tratto un film con colonna sonora suonata da Stevie Wonder, in cui si parlava anche di relazioni fisiche, emotive e spirituali tra piante e uomo; e poiché i Figli dei fiori sono, oltre che pronipoti di sua maestà il denaro, anche Figli delle stelle, non mancava una riflessione su come le piante siano sintonizzate sulla musica delle sfere.

SARÀ PER QUESTO CHE PER MUSICARE le loro teorie nel disco dedicato a «musica per le piante e per le persone che le amano» i coniugi Rapp hanno trovato complicità in Mort Garson, già artefice del commento sonoro della missione spaziale dell’Apollo 11. Il disco ha dieci tracce: un concerto per Filodendro e Poto, la musica per lenire la Sansevieria Samurai (negli States Savage Snake Plant), una sinfonia per Falangio (Pianta Ragno in California), un brano dedicato allo Spathiphyllums swingeggiante, uno che ammonisce «Non camminare sulla begonia», l’Ode a una Violetta Africana, un mood dolce per la felce capelvenere, una rhapsody in green che sarebbe piaciuta a Gershwin, un blues per la soleirola soleirolii, (un’ortica tappezzante che di là dall’oceano e comunque dove si parla inglese ha il nome poetico di lacrime di bambino) e Plantasia.

L’ESITO È RILASSANTE, TRIONFALE, esotico come l’origine delle piante cantate, scanzonato e liquido; e il Moog con cui Garson, che a volte si firmava col nick name di Lucifer, compose anche un album dedicato ai segni dello zodiaco, propagando suoni sintetici riesce a parlare una voce di natura che sembra davvero stillare dal tessuto fogliare o provenire da profondità siderali.

COME QUESTO SIA POSSIBILE LO SPIEGA Paolo F. Bragaglia, direttore artistico del Festival di musica elettronica Acusmatiq (Ancona il 28, 29 e 30 luglio), musicista e tra fondatori del Museo marchigiano del synth che il 29 (sabato) ospiterà in apertura al concerto dei Clock DVA , l’esclusiva esecuzione di Mother Earth’s Plantasia dell’ensemble Esecutori di Metallo su Carta. Per Bragaglia «la dimensione fisica tangibile e quasi naturale dei suoni elettronici si rivela soltanto quando si supera la profonda divisione culturale che c’è tra musica elettronica e musica acustica. È vero che le corde che risuonano sono budelli e la tromba è fiato trasformato, ma non dimentichiamo che siamo anche noi fatti di elettroni e di elettricità, quella che fa muovere il nostro corpo fa viaggiare i nostri pensieri ci fa sintonizzare in qualche modo a una parte più recondita e più immateriale dell’universo ma non per questo meno vero. Per cui se si abbandona questa divisione tra musica elettronica e musica acustica a volte un certo tipo di suoni elettronici può rivelarsi in tutta la sua affascinante aderenza al mondo fisico e naturale».

«PLANTASIA», SCRITTA PER ESSERE eseguita su sintetizzatori Moog, sarà suonata dall’ensemble fondato da Enrico Gabrielli e Sebastiano de Gennaro, su macchine dell’azienda Crumar progettati da Bob Moog in persona, su Spirit, nello specifico. Il quarantennale di questo sintetizzatore raro e misterioso (ma in linea perfettamente con la cifra new age del contesto in cui è nata l’opera) è preso a pretesto dagli organizzatori del festival per creare un doppio corto circuito tra Italia e America.

IL LEGAME TRA PIANTE E MUSICA elettronica ed elettronica tout court è significativo anche quando il mondo vegetale non è beneficiario dei suoni ma artefice dei medesimi. C’è musica per le piante e musica delle piante. Lo dimostrano gli studi del suddetto Mancuso che ha raccontato più volte come le piante siano esseri senzienti che comunicano, privi di cervello ma non di intelligenza. L’emissione di segnali elettrici da parte delle piante è indagata da diversi decenni; oggi esiste anche un dispositivo con app, la Plants Plays, che rende possibile ascoltare la musica generata da piante e alberi, trasformando le variazioni elettriche delle piante in note musicali inviate da bluetooth a smartphone.

«QUELLO DI GASRON È UN EPISODIO artistico curioso che si è inserito nel solco di una sensibilità nata negli anni Settanta, cerca tra il mondo umano e quello vegetale una relazione che non sia solo quella che possiamo avere col nostro contorno di insalata – il commento di Bragaglia – ricerca che culmina oggi con gli studi di neurobiologia di Mancuso e in passato ha toccato anche l’immaginario popolare italiano ad esempio con lo sceneggiato Rai del 1975 La traccia verde, regia di Silvio Mastranzi, dove una pianta è senziente al punto di essere testimone, raccapricciata, di un omicidio».

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