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«Più gas vuol dire meno carbone»

Il fatto della settimana La joint venture Enura tira dritto: via al progetto per 593 km di rete e due rigassificatori. L’ok anche della Cgil: un’infrastruttura essenziale per la Sardegna

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 16 gennaio 2020

Enura, la joint venture di Snam e Società Gasdotti Italia (Sgi) per realizzare il metanodotto in Sardegna, in attesa che l’iter delle autorizzazioni si concluda e che dal governo arrivi l’ok definitivo, non perde tempo. Ha già firmato due memorandum d’intesa con Sardinia Lng e Ivi Petrolifera per facilitare l’allacciamento dei rigassificatori da costruire a Cagliari e a Oristano alla struttura di distribuzione che dovrebbe attraversare da nord a sud tutta la regione. Già chiuse anche le intese commerciali con alcune imprese locali per i lavori di posa dei tubi. L’infrastruttura, lunga complessivamente 583 chilometri, sarà suddivisa in un tratto meridionale, da Cagliari a Palmas Arborea (235 km) e in un tratto settentrionale, da Palmas Arborea a Porto Torres e Olbia (348 km), collegato anche a Sassari e Nuoro. Costo complessivo, poco meno di due miliardi.

C’è, è vero, l’opposizione del movimento ambientalista sardo, ma Enura tira dritto. «La realizzazione della rete energetica a gas in Sardegna – replica alle critiche l’ufficio comunicazioni della joint venture – porterebbe alla Sardegna rilevanti benefici sia economici sia ambientali, dando un contributo significativo alla transizione energetica e alla competitività dell’economia locale».

«Dal punto di vista ambientale – dice Enura – l’impiego del gas naturale consentirà, al contempo, di accelerare la dismissione del carbone per la produzione di energia elettrica e del gasolio per il riscaldamento, di garantire lo sviluppo delle fonti rinnovabili intermittenti e di avviare l’utilizzo di nuove rinnovabili come l’idrogeno prodotto da solare ed eolico e il biometano. Queste ultime potranno svilupparsi solo in presenza di un progetto integrato di rete energetica regionale. Secondo le analisi di Pöyry (una società internazionale di consulenza nei settori dell’energia e delle infrastrutture che ha la sua sede italiana a Milano) in Sardegna, grazie alla realizzazione della rete energetica, si avrà una riduzione di 3 milioni di tonnellate di Co2 l’anno per effetto dell’uscita dal carbone e di 430mila tonnellate l’anno nei settori residenziale e industriale, oltre a un significativo abbattimento delle polveri».

E dal punto di vista economico? «Sul progetto integrato per la Sardegna – sostiene Enura – le analisi del rapporto costi-benefici da noi effettuate fanno emergere benefici di 2,3 volte superiori ai costi. Un dato più che rilevante. Inoltre, secondo Pöyry la realizzazione della rete energetica in Sardegna garantirebbe una riduzione della bolletta energetica a carico dei sardi compresa tra i 350 e i 700 euro l’anno». «Lungo la penisola italiana – conclude Enura Comunicazioni – è in esercizio da decenni una rete di trasmissione del gas che ormai supera i 34.000 chilometri, integrata con gli ecosistemi, sicura e pressoché invisibile. La posa delle infrastrutture è sempre seguita da accurate e capillari operazioni di ripristino ambientale, che riportano i luoghi alle loro condizioni originarie».

In sintonia con Enura e in rotta di collisione con il movimento ambientalista, anche la Cgil sarda difende il progetto della dorsale del metano. Contro le perplessità emerse all’interno del governo Conte bis, in particolare da parte del Movimento 5 Stelle che al metanodotto preferirebbe il progetto di elettrodotto presentato da Terna, il sindacato leva gli scudi. «Mi sembra – dice il segretario regionale della Cgil Michele Carrus in una recente intervista – una commedia degli equivoci alimentata ad arte. La realtà è che per la Sardegna il metanodotto è un’infrastruttura essenziale. Ne trarranno giovamento famiglie e imprese. Avremo garantiti la sicurezza dell’approvvigionamento e la stabilità del prezzo all’interno di un ambito tariffario nazionale. Finalmente restituiremo ai sardi e al sistema economico dell’isola, oggi penalizzato, condizioni di pari opportunità con il resto del paese».

«Il Piano energetico della Sardegna approvato nella passata legislatura regionale da una giunta di centrosinistra – aggiunge Carrus – prevede una riduzione delle emissioni del 90 per cento entro il 2040. Per fare questo, però, servono efficienza energetica degli edifici, mobilità sostenibile, reti intelligenti. E tutta questa strategia, com’è già avvenuto nel resto d’Italia, non può che fondarsi sulla metanizzazione». A Conte e al Movimento 5 Stelle piace di più l’elettrodotto? Carrus replica duro: «Noi non sapremmo che farcene. La Sardegna è da anni in eccedenza di produzione di energia elettrica, non ce ne serve altra. L’opera proposta da Terna sarebbe utile soltanto a potenziare l’attuale transito di energia verso il Nord. Senza contare che l’elettrodotto avrebbe bisogno di un secondo stabilizzatore, uguale a quello già esistente nel nord della Sardegna, anche al sud: un’opera da centinaia di milioni. La soluzione giusta è un’altra: la creazione di una rete infrastrutturale regionale integrata in cui l’utilizzo di tutte le fonti energetiche, metano compreso, sia ottimizzato».

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