Più docce e meno allevamenti intensivi
La scarsità di acqua ci costringe a riflettere e a cambiare. Al di là delle necessarie disposizioni limitative delle autorità e di alcune lodevoli strategie personali per ridurre i consumi […]
La scarsità di acqua ci costringe a riflettere e a cambiare. Al di là delle necessarie disposizioni limitative delle autorità e di alcune lodevoli strategie personali per ridurre i consumi […]
La scarsità di acqua ci costringe a riflettere e a cambiare. Al di là delle necessarie disposizioni limitative delle autorità e di alcune lodevoli strategie personali per ridurre i consumi (per una doccia di tre minuti servono 35-59 litri, per un bagno in vasca 100-160 litri, l’acqua di lavaggio delle verdure va benissimo per i fiori, un frangigetto ai rubinetti domestici limita i fabbisogni di migliaia di litri all’anno, ecc.), sento poco parlare di altri provvedimenti che, se applicati su larga scala, porterebbero vantaggi ben più sostanziali. Ad esempio, un contributo determinante alla riduzione dei fabbisogni d’acqua a livello mondiale potrebbe venire da una decisa contrazione della produzione e dei consumi di alimenti di origine animale (carne, latte, formaggi, ecc.) a favore di alimenti di origine vegetale (cereali, legumi, frutta, verdure). Per molti lettori non è probabilmente una novità (Correggia, Tarabini, Passeri e altri ne hanno scritto più volte su queste pagine). Vale però la pena di riprendere il discorso anche perché nella comunicazione, alla luce dei dati disponibili, più che insistere sulla riduzione del numero delle docce varrebbe la pena spingere per un cambiamento sensato nelle abitudini alimentari. Gli scienziati indagano da tempo questo aspetto (quanta acqua è necessaria per la produzione di una certa quantità di alimento) e le loro conclusioni sono note da decenni. Ad esempio, gli studi del prof. Pimentel, docente alla Cornell University, New York e pubblicati nel 1997 (Bioscience, Volume 47 Issue 2 February 1997) hanno dimostrato che, mediamente, per un chilo di manzo da allevamento intensivo servono circa 100mila litri d’acqua, solo 900 per il frumento, 1950 per il riso, 500 per le patate. Secondo ARPA Veneto, i consumi medi giornalieri di acqua si aggirano intorno ai 200 litri per persona. Una bistecca di 100 grammi “contiene” dunque l’equivalente dei consumi idrici di quasi due mesi. Intendiamoci, tutto serve: frangigetti, docce, riparare la rete distributiva, irrigare goccia a goccia orti e vigneti, buonsenso anche. Tuttavia, a me sembra evidente che la partita, volendo vincerla davvero, si dovrebbe giocare anche e prima di tutto a tavola. Gli allevamenti intensivi sono imprese assai inefficienti, non solo dal punto di vista economico (hanno cronicamente bisogno di sussidi pubblici per non chiudere), ma anche nella trasformazione di nutrienti e calorie vegetali in carne, latte e uova (il rapporto è di 10-15 a 1). Cambiamo.
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