«Più controlli ai confini» L’Ue cambia Schengen
Come chiesto da Francia e Germania Le modifiche, motivate con ragioni di sicurezza, pronte entro la fine del mese
Come chiesto da Francia e Germania Le modifiche, motivate con ragioni di sicurezza, pronte entro la fine del mese
L’Europa avrà anche «il vento nelle vele», come ha spiegato il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker, ma intanto si prepara a chiudere ulteriormente le sue frontiere interne con buona pace di uno dei suoi principi fondativi come la libertà di circolazione.
A spingere in questa direzione sono soprattutto Germania e Francia, che da mesi lavorano per arrivare a una modifica del codice Schengen che consenta di ripristinare i controlli ai confini degli Stati in maniera più semplice e, soprattutto, per un periodo più lungo rispetto agli attuali sei mesi (prorogabili fino a due anni) come previsto ora. Obiettivo che è stato raggiunto ieri a Bruxelles durante il vertice dei ministri degli Interni dell’Ue, come ha annunciato al termine del summit il commissario agli Affari interni Dimitri Avramopoulos per il quale le modifiche saranno presentate dalla Commissione entro la fine del mese.
A novembre scadono definitivamente le deroghe a Schengen già concesse a Francia, Germania, Norvegia, Austria e Danimarca, cinque paesi che hanno presentato un documento comune per sostenere la richiesta di una maggiore flessibilità. Parigi aveva ripristinato i controlli ai confini dopo gli attentati del 2015, mentre la scelta delle altre quattro capitali era motivata dalla crisi dei migranti. Ora che la rotta balcanica è chiusa e che la pressione dei flussi dal Mediterraneo centrale si è ridotta notevolmente, la richiesta di mettere mano al codice viene giustificata con ragioni di sicurezza. «La questione del terrorismo in Francia è ancora acuta e dobbiamo avere i mezzi per controllare le frontiere», ha spiegato il ministro degli Interni francese Gerard Collomb chiedendo di poter effettuare i controlli per altri due anni. Più esplicito il tedesco Thomas de Maiziere: «La posizione della Germania continua a essere la stessa: fino a quando le frontiere esterne europee non saranno sufficientemente sicure, serviranno controlli alle frontiere interne», ha detto.
In realtà oltre al pericolo legato al possibile ingresso di terroristi, la richiesta francese è dettata anche dalla volontà di non allentare i controlli al confine di Ventimiglia, attraverso il quale Parigi teme l’ingresso soprattutto di migranti. Pur senza citare l’Italia, infatti, parlando a luglio a Orleans il presidente Macron aveva annunciato di lavorare con la cancelliera Merkel a una modifica di Schengen anche per prevenire la possibilità «di una crisi migratoria». Ma più in generale, il giro di vite sulla libertà di circolazione segna un nuovo passo in avanti nel rafforzamento dell’asse Parigi-Berlino come guida di un’Unione europea a due velocità. Passo che è stato ulteriormente confermato ieri a Bruxelles dal modo in cui la Germania ha bocciato la proposta avanzata mercoledì da Juncker di allargare ancora l’area Schengen consentendo l’ingresso di Romania e Bulgaria. «La visione per la quale i confini esterni dell’area Schengen dovrebbero coincidere con i confini esterni dell’Ue è una visione con la quale sono d’accordo, ma c’è ancora molta strada da fare», ha tagliato corto De Maiziere.
Anche in vista dell’imminente scadenza elettorale – in Germania si vota il 25 settembr – la Merkel manda quindi messaggi chiari ai partner europei su chi detterà l’agenda per i prossimi anni. A partire dai paesi dell’Est che continuano a rifiutarsi di accogliere richiedenti asilo da Italia e Grecia. Il programma di ricollocamenti scade il 26 settembre ma la Commissione Ue ha deciso di prolungarlo visti gli scarsi risultati ottenuti. Ungheria e Polonia continuano però a mantenere la posizione, nonostante la Corte di giustizia europea abbia ribadito l’obbligo di rispettare le quote. «La decisone della Corte deve essere accettata da tutti e mi aspetto che lo facciano anche Budapest e Varsavia, anche se dopo qualche mugugno», ha avvertito De Maiziere, mentre per il ministro degli Interni di Lussemburgo, Jean Asselborn, se la Polonia non accoglie profughi «non è più membro dell’Unione europea».
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