Piombino non chiude più. Ma Jindal la prende comoda
Aggrappati all'acciaio Presentato al Mise il piano industriale di Jindal Sw per il polo siderurgico toscano. Investimenti su laminatoi e due nuovi forni elettrici, ma per questi ultimi i tempi sono lunghi. I sindacati: "Anticipare la realizzazione dell'area a caldo, e garantire tutti gli attuali addetti delle Acciaierie".
Aggrappati all'acciaio Presentato al Mise il piano industriale di Jindal Sw per il polo siderurgico toscano. Investimenti su laminatoi e due nuovi forni elettrici, ma per questi ultimi i tempi sono lunghi. I sindacati: "Anticipare la realizzazione dell'area a caldo, e garantire tutti gli attuali addetti delle Acciaierie".
Si può fare. Il piano industriale della Jindal Sw per le Acciaierie di Piombino viene presentato al ministero dello Sviluppo economico, e le reazioni di istituzioni locali e sindacati confederali fanno capire che il bicchiere è per due terzi pieno. Con i dubbi che sono legati alla tempistica un po’ troppo “lenta” per la realizzazione della nuova area a caldo con due forni elettrici. Mentre sul fronte dell’occupazione, considerato che il piano a regime prevede circa 1.500 addetti, resta il problema, non certo piccolo, di un potenziale “esubero” di circa 300-400 addetti. Insieme a quello di garantire gli ammortizzatori sociali per alcuni anni, necessari per sostenere un progetto che si dispiegherà fino al 2025.
Già anticipato a grandi linee da Jindal Sw sul sito del gruppo industriale indiano, il piano prevede l’immediato riavvio dei laminatoi, con un investimento complessivo di 20 milioni e l’impiego di 435 lavoratori. Per certo la buona volontà di Jindal è certificata dalla decisione di prendersi in carico gli attuali dipendenti, poco più di 2.000, che però in maggioranza dovranno attendere, a lungo, il loro turno per rientrare in azione. Il prossimo anno è previsto invece il via alle demolizioni della vecchia “cittadella dell’acciaio”, con l’impiego complessivo in salita a 635 addetti, che diventeranno 705 nel 2020.
Quanto al progetto per l’area a caldo, nei piani del gruppo industriale indiano verrà presentato fra un anno e mezzo, e dovrebbe portare alla realizzazione di due forni elettrici, da alimentare col preridotto, entro il 2022. Su questo versante sarebbero impiegati tra i 600 e gli 800 lavoratori. Quindi si arriverebbe a 1.500 circa, con un investimento complessivo vicino al miliardo di euro.
Di fronte al piano industriale della Jindal Sw, il presidente toscano Rossi ha osservato: “Ne apprezzo la competenza, la misura e la prudenza nel delineare le prospettive del sito produttivo, che mi sembrano improntate alla serietà. Noi naturalmente chiediamo di più, ovvero il reintegro di tutti i lavoratori. Per quelli dell’indotto occorre invece intervenire con il ministero del lavoro, e così faremo. Insomma stiamo lavorando su basi solide, ma è necessario che ci si chiarisca, che i tempi siano definiti con maggiore precisione e che ci siano date più certezze. La Regione Toscana sta facendo la sua parte e se penso a come eravamo messi solo qualche tempo fa, fatemi essere ottimista perché di passi avanti ne abbiamo fatti molti”.
Quanto ai sindacati, il coordinatore Fiom per la siderurgia, Mirco Rota, ha cercato di tirare le somme: “Ci sono tutte le premesse perché Piombino possa ritornare a colare acciaio, questo è il segnale più importante su cui, però, bisogna tornare a lavorare perché ci sono alcuni aspetti non risolti: quelli occupazionali, e quelli legati agli ammortizzatori sociali. Noi vogliamo una risposta per tutti i lavoratori, mentre teoricamente una parte, seppur piccola, rischia l’esubero. E vogliamo subito coprire un buco nella cassa integrazione di tre mesi, che si verificherebbe nel 2021”. Anche per Rota c’è poi il problema dei tempi: “La realizzazione dei forni è prevista a partire dal 2020, noi invece vogliamo anticiparla”. Pensiero analogo a quello del segretario provinciale della Fim, Fausto Fagioli: “I tempi sono molto lunghi, e su questo dobbiamo aprire un confronto serrato con l’azienda in modo da ridurli, perché dobbiamo gestire ammortizzatori sociali per quattro, cinque anni”. Quanto al pericolo di esuberi, Fagioli ha fatto presente che “ci saranno circa 60 pensionamenti l’anno. Di certo comunque non permetteremo di licenziare nessuno”.
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