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Pinocchio fanta horror

Pinocchio fanta horror

Videogames Non veicola messaggi educativi, ma una idea di malattia dell'infinito: «Lies of P»

Pubblicato circa un anno faEdizione del 30 settembre 2023

Lies of P, ovvero un déja-vu sull’altro in sovrimpressioni continue di memorie che avrebbero potuto alimentare noia e persino essere irritanti, come le rappresentazioni riciclate di un’intelligenza artificiale esibite con immotivato orgoglio dal loro non-autore umano senza talento alcuno per il disegno. Ma non c’è tedio nell’insieme mai precario, di immagini ed emozioni ricorrenti dal passato per attuarsi nel presente, componenti questo videogioco sud coreano ispirato a Pinocchio e aperto da una dedica alla memoria di Collodi; c’è invece un’arte sinfonica nell’orchestrare il già visto così che ad una visione compendiaria esso appaia nuovo e sorprendente proprio per la perizia con cui è assemblato, per la sincerità con cui sono dichiarate le sue fonti, fino a diventare la rilettura più trasgressiva delle vicende del burattino dai tempi di AI di Spielberg. La suddetta sincerità potrebbe non essere così limpida, forse è astuzia, ma non importa perché d’altronde come nel romanzo si tratta di menzogna e verità, così quest’ambiguità contribuisce al fascino subdolo e travolgente di Lies of P.

Non c’è solo Collodi e la sua opera i cui germinali tratti fanta-horror vengono esaltati nel gioco, privando al contempo il romanzo del messaggio più didascalico ed educativo per riflettere invece sull’umano, il post-umano e il non umano: nell’immaginario e nella forma di Lies of P ci sono i videogame di Hidetaka Miyazaki e From Software, le speculazioni attorno ai robot di Asimov e Dick, panorami che rimandano a Resident Evil 4 o a Beyond Two Souls, il volto del protagonista quasi come quello di Timothée Chamalet. Tutto ciò assemblato in un’idea di «malattia dell’infinito» dove il tempo si appiattisce nella ripetizione di idee e cose che incancreniscono in una magnifica non morte, celebrando la gloria dello Stesso.

Cominciamo su un treno, perché la prima invenzione di Geppetto, uno scienziato che ha dato vita con il suo burattino ad una rivoluzione sociale ed industriale, è convocata nella città di Krat dove le marionette senzienti che vi svolgevano ruoli lavorativi di intrattenimento, polizia o servizio domestico, sono impazzite o consapevolmente ribelli e stanno facendo una strage degli abitanti, mentre i rari sopravvissuti tra questi sono piagati da una misteriosa e letale malattia che li pietrifica fino ad un’abominevole mutazione.

Chiunque abbia esperito un Dark Souls o un Bloodborne si troverà a sua agio, perché Lies of P si gioca quasi allo stesso modo riproponendo la ritmica degli scontri, l’esplorazione e l’ermetica narrativa, sebbene qui non sia così oscura e risulti più allusiva. Ci si può illudere che Lies of P sia meno severo e ostico delle sue fonti ludiche d’ispirazione, almeno all’inizio; ma non è così e lo realizzeremo quando avremo a che fare con il primo nemico davvero punitivo, ovvero Romeo il Re dei Burattini, che sfideremo in un suggestivo teatro dell’opera. Con le sue due fasi la battaglia risulta squilibrata e micidiale, dapprima contro la potenza di un burattino gigantesco che ci schiaccia con i suoi pugni enormi e poi contro il suo velocissimo «pilota». Tuttavia come in ogni gioco di questo sotto-genere avventuroso e d’azione con qualche elemento ruolistico che è stato nominato «soulslike», alla fine riusciremo a sconfiggere il terribile nemico, ammantato di una sua patetica poesia, e a lusingarci in una temporanea esaltazione, almeno fino alla disperazione che proveremo quando in una palude trasformata in una discarica per burattini difettosi e defunti non dovremo affrontare l’ancora più cattivo Mostro Verde, non quello del film di Tonino De Bernardi, ma una creatura viscida e tossica dalle forme lovecraftiane. È comunque disponibile da poche ore una «patch» da scaricare dalla rete all’avvio del gioco che corregge l’eccessiva difficoltà di alcuni tra questi nemici, rendendo così i combattimenti meno impegnativi.

Non tutto è comunque imitazione, sebbene appunto sia un’imitazione con un suo genio, in Lies of P è assai riuscita la dinamica che permette di assemblare le proprie armi prendendo da una l’elsa o dall’altra il corpo contundente, perforante o tagliente. Inoltre possiamo scambiare il braccio sinistro di Pinocchio con membra elettrizzanti, sparanti, brucianti o difensive. Affascinante è inoltre l’obbligo di essere obbligati ad ascoltare per intero i brani dei dischi che reperiamo nel gioco per riacquistare l’umanità persa dicendo troppo spesso la verità durante i rari dialoghi con opzione di risposta; la menzogna è cosa umana, non meccanica.

Degno di nota è il disegno di burattini e creature mostruose che incontreremo per le architetture «belle-époque» di Krat e per i suoi dintorni più trasandati o boscosi: c’è una grande varietà di nemici, marionette da incubo di ogni tipo e dimensione: dalla cantante-aracnide al pagliaccio inquietante, mutazioni che ricordano gli infetti di The Last of Us o abnormi cumuli di marciume solo vagamente antropomorfi. La colonna sonora risulta interessante e chimerica, trascorrendo da melodie che sembrano alludere alle musiche di John Williams per Schindler’s List ai toni triviali di musiche circensi; ma sono i suoni delle marionette folli e dei mostri ad essere davvero impressionanti, molteplici e spaventosi.

Tra gli innumerevoli «soulslike» non miyazakiani, Lies of P di Neowiz Games e Round8 Studio (disponibile per PlayStation, Windows, MacOs, Xbox e disponibile senza costi aggiuntivi per chi è abbonato al Game Pass di Microsoft) è senza dubbio il più ispirato, un gioco assai macabro e disperante ma così lirico nella sua elegia di una città che cede alla rovina, di un’umanità che muore e si trasforma, nella sua variazione di Collodi e nell’indagine su un pensiero artificiale che pensiero è comunque, forse più umano di quello umano. La «supermarionetta» ha spezzato i fili del burattinaio, tuttavia, nell’illusione della sua libertà, permane comunque schiava e funzionale, se non alla vita alla distruzione e all’autodistruzione.

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