Politica

Pil sempre più basso: Confindustria taglia anche le stime del governo

Pil sempre più basso: Confindustria taglia anche le stime del governoIl presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, sotto il ministro Pier Carlo Padoan – LaPresse

Doccia fredda «Fermi da 15 anni». Padoan: «Queste previsioni sono sbagliate. Quelle del governo dovrebbero essere migliori»

Pubblicato circa 8 anni faEdizione del 16 settembre 2016

Questa Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan proprio non se l’aspettavano. Non è solo “fuoco amico”. È una coltellata alle spalle che arriva quando e da chi meno se lo sarebbero aspettato, appunto. I gufi si sono insediati nel Centro studi di Confindustria e le loro profezie suonano tanto cupe che al confronto Cassandra era una ragazza piena d’ottimismo. Rivedono le stime sul Pil al ribasso anche rispetto a quelle già ribassate che il governo si accinge a inserire nella nota di aggiornamento al Def. Presidente e superministro puntano su una crescita dello 0,9% per quest’anno, con tre decimali in meno rispetto alle previsioni del Def. Gli analisti di Confindustria ne sottraggono altri due e arrivano allo 0,7%.

Male, ma c’è di peggio. Per il 2017 la stima è ben più nera: 0,5% contro l’1,1% calcolato dal governo dopo il ribasso. Ma la stilettata al curaro non è nelle nude percentuali. È nella diminuzione prevista per l’anno prossimo rispetto al 2016. Come segnale sarebbe disastroso, vorrebbe dire che la ripresina non segna il passo ma addirittura arretra. Il tutto corredato da dati relativi al secolo in corso da brivido. Dal 2000 a oggi il Pil è aumentato del 23,5% in Spagna, del 18,5% in Francia, del 18,2% in Germania ma in Italia solo dello 0,5%. «Vuol dire – spiegano in Confindustria – che nella fase di crescita siamo cresciuti meno degli altri, in quella di recessione siamo calati più degli altri e la ripresina stenta da noi più che negli altri Paesi».

È difficile credere che l’associazione degli industriali non fosse consapevole dello sgarbo. La doccia gelata arriva infatti in un momento delicatissimo. Il referendum è vicino ma ancora prima l’Unione europea dovrà decidere se concedere a Renzi i margini di flessibilità richiesti. Il clima non è affatto sereno, come Confindustria sa bene, e queste stime non sono certo destinate a rendere la vita più facile al presidente del consiglio e al ministro dell’Economia Padoan. È probabile che si tratti quindi di un segnale preciso. Gli industriali temono che, col referendum incombente, il governo adoperi la legge di bilancio soprattutto per cercare di acquistare facile consenso, e mette le mani avanti. Certo non a caso il presidente Vincenzo Boccia afferma che sarebbe un errore «preoccuparsi solo della domanda e non dell’offerta» e liquida il previsto aumento delle pensioni minime affermando che «non è una misura contro la povertà».

 

 

Il ministro Padoan non poteva non replicare pubblicamente

20eco1 padoan
risponde un po’ stizzosamente. L’errore deriva dal fatto che la stima del Centro studi «si basa su ipotesi di policy diverse da quelle che il governo intende proporre».

 

Ma certo i malumori del governo non sono arrivati a Confindustria solo per vie pubbliche e ufficiali. Tanto che, poco dopo aver scagliato la bomba, il presidente Boccia accenna a una diplomatica marcia indietro: «Da italiano tifo per i dati del governo più che per quelli di Confindustria. Sono orgoglioso del nostro Centro studi ma spero che sbagli».

La formula per siglare un’ipocrita pacificazione la si trova facilmente. Per Boccia il tutto si riduce a una «sollecitazione», per il ministro Padoan a un’«utile provocazione». Cifre che si sparano tanto per dire insomma, tanto più che su un punto Vincenzo Boccia e Padoan la vedono allo stesso modo sin nei particolari: l’importante è che la riforma sia approvata. Ormai tutti i salmi, si sa, finiscono in apologia del Sì.

La nota dolente è che, per quanto Boccia e Padoan fingano di aver scherzato, le cifre reali restano lì e sono pesantissime. Il debito pubblico, informa il bollettino statistico di Bankitalia, si è impennato aumentando di 80,5 miliardi nei primi sette mesi dell’anno. Un record destinato a pesare ulteriormente sulla trattativa europea alla quale sono appese le residue possibilità che ha Renzi di non arrivare al referendum non solo col fallimento della sua politica economica alle spalle ma anche a mani vuote.

Dove intendano pescare Renzi e Padoan i fondi necessari non è ancora stato deciso, ma su due cose si può scommettere a colpo sicuro: che si tratterà di tagli e che non verranno però presentati come tali.

La ministra della Sanità Beatrice Lorenzin ha smentito ieri col doveroso sdegno le voci di sforbiciate alla Sanità: «Pettegolezzi, i fondi per la sanità continueranno a crescere». Prima di lei ci aveva pensato Matteo Renzi, dicendo la stessa cosa ma aggiungendo: «Certo, poi il ministro chiede dieci miliardi e ne ottiene uno, ma è un’altra cosa». In effetti: basta ribattezzare un taglio «mancato aumento» e il gioco è fatto.

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