Italia

Pietre d’inciampo, un furto dettato dall’odio

Il caso Venti sanpietrini in ottone che l'artista tedesco Gunther Demnig aveva installato in via Madonna dei Monti 82 a Roma, in memoria delle famiglie deportate, sono stati rubati nella notte. Aperta un'inchiesta

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 11 dicembre 2018

Quando l’artista tedesco Gunter Demnig cominciò a seminare le sue memorie in forma di Stolpersteine (pietre d’inciampo), sanpietrini che fungevano da targhe-ricordo delle famiglie deportate, incastonati in marciapiedi e strade davanti ai portoni di chi fu strappato alla vita dal nazifascismo, di certo non poteva immaginare che un giorno sarebbero divenuti il bersaglio per esercitare l’odio, finendo per essere sbalzati via dal tessuto urbano, lasciando un buco, un vuoto politico e, soprattutto, umano.

Demnig di quei sanpietrini che fanno da argine all’oblio facile dei nostri tempi ne ha «piantati» in tutta Europa più di cinquantamila, i primi a Colonia nel 1992. Da allora, non ha mai smesso. Ritualmente, ogni anno, compie la sua celebrazione della resistenza, lucidando l’ottone della targa, segnando la data di nascita e di morte di abitanti del luogo (ebrei, rom, sinti, antifascisti, omosessuali) dall’esistenza interrotta violentemente. Rende omaggio a tutti coloro che uscirono dalla loro casa senza farvi ritorno. Ma ora venti di quelle pietre d’inciampo – in via Madonna dei Monti 82 a Roma, tributo alle famiglie Di Castro e Consiglio – sono state divelte e rubate nella scorsa notte. Portate via, a sfregio delle vittime della Shoah. Con loro è volata via anche la memoria di una bambinetta, Giuliana Colomba Di Castro, che fu trascinata lontana dai genitori, verso la morte, quando aveva solo 3 anni. Abitava al numero civico 8.

 

La denuncia è arrivata dall’Associazione Arte in Memoria che dal 2010 si occupa dell’installazione delle pietre a Roma. E mentre la procura ha aperto un fascicolo per odio razziale e si è tenuto un presidio, giunge durissima la condanna del gesto da parte di Adachiara Zevi, che dirige l’Associazione. «È un atto criminale, antisemita. La nostra democrazia è a rischio».

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