«Quando finii in carcere a San Vittore avevo sette anni. Non potrò mai dimenticare l’impressione che provavo alla vista di un tedesco. Dalla mia piccola statura, mi appariva enorme. Si chiamava Franz, girava con un grosso cane lupo, che ogni tanto lanciava contro qualche malcapitato. Si diceva che nei sotterranei del carcere qualcuno fosse stato azzannato e ucciso da quella belva». Così racconta Miriam Romanin Guetta, scomparsa lo scorso gennaio, a proposito di Franz Staltmayer. L’ufficiale delle SS che nel febbraio del 1944 fu nominato vicedirettore del carcere milanese era «un uomo corpulento, dal collo taurino. Girava sempre con un cane lupo, e con un frustino in mano che faceva schioccare continuamente contro gli stivali tirati a lucido». I ricordi di Miriam combaciano con la storia perché, in effetti, il detenuto Salomon Rath finì sbranato dal cane del carceriere Franz Staltmayer.

«In quel carcere ci era consentito lavarci, seppur raramente», continua Miriam Romanin Guetta. «Tutte insieme, in un grande locale: è ancora viva in me la vergogna di essermi trovata nuda davanti a tutti e, soprattutto, di aver visto la zia, la nonna, la mamma così come non le avevo mai viste. Verso la fine, il 25 aprile, fummo caricati su alcuni camion affollatissimi, chiusi dall’esterno. Eravamo tutti pigiati e, nonostante i miei sette anni, potevo intuire dagli sguardi di tutti il terrore e l’incertezza. Non molto dopo avveniva il miracolo: dai portoni del carcere spalancati, come in una visione, ci apparvero, con elmetto e fucile, i partigiani!”». Una storia di salvezza, quella di Miriam Romanin Guetta, raccontata dalla figlia Silvia – docente all’Università di Firenze – al regista e attore Rosario Tedesco, allievo di Luca Ronconi e da sempre impegnato nel portare nei teatri e nelle scuole queste tematiche legate alla Shoah e alle responsabilità.

Miriam è sopravvissuta, e per questo non vi sono pietre d’inciampo con il suo nome. Ma è lei a raccontare il carnefice Franz Staltmayer, e per questo la sua storia è un tassello del progetto narrativo Due dentro ad un foco. Storie di pietra. Nati da un’idea di Rossella Tansini, gli attraversamenti urbani sulle tracce delle pietre d’inciampo saranno tre, adatti a ogni età. Con il sostegno dell’Ambasciata tedesca, del Goethe-Institut Roma e del Centro Alti Studi per la Difesa e il patrocinio della Comunità ebraica, che ha subito aderito all’iniziativa, a Roma il 6 e 7 giugno a Roma alle ore 9 e poi alle 11. Ogni passeggiata avrà la durata di un’ora e mezza, per partecipare è necessario prenotare (scrivendo a eventi-roma@goethe.de indicando nome, cognome, cellulare, giorno e turno) e portare con sé un documento di identità. Il terzo appuntamento sarà a Milano il 9 giugno alle 10:30, in collaborazione con l’Università Statale e con la partecipazione del Conservatorio. Per prenotare la passeggiata milanese mandate una mail all’indirizzo info@letracce.org indicando nome, cognome, numero di cellulare.

«Si tratta di percorsi a piedi, di passeggiate narrative che vogliono rendere omaggio alle vittime del nazifascismo, siano essi oppositori politici, ebrei, partigiani, operai, donne e uomini», spiega Rosario Tedesco che accompagnerà i partecipanti. «La responsabilità delle proprie azioni è al centro di questo progetto. E così mostreremo la relazione che lega la vittima al suo carnefice. Grazie a documenti d’archivio e a testimonianze, forniti dai nostri partner e dai parenti delle vittime, abbiamo istituito due tipi di relazione. La prima, storicamente accertata e diretta, tra il responsabile della morte e la persona uccisa a causa di delazione, tortura, assassinio. Laddove non è stato possibile rintracciare con prove documentali il carnefice, si è voluto istituire una coppia tragica, in senso greco. E, come in una tragedia greca, avremo Antigone e Creonte, ovvero la vittima e il carnefice».

Questo percorso, continua Rosario Tedesco, «lo abbiamo immaginato con tanti compagni di viaggio che della memoria fanno la loro missione, tra cui le Scuole Ebraiche, la Scuola Germanica Roma, la Deutsche Schule Rom, il Centro di Cultura Ebraica, Arte in memoria, l’Associazione Figli della Shoah, la Fondazione Centro Documentazione Ebraica Contemporanea (CDEC), la Fondazione Museo della Shoah, il Municipio Roma I Centro e l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (UCEI). Per la prima volta, coinvolgeremo cento bambini: il Dipartimento di Musica della Scuola Germanica di Roma eseguirà musiche di Mozart, Ilse Weber e Gershwin; e il Coro Scuole Ebraiche di Roma diretto da Josef Anticoli, eseguirà brani della tradizione ebraico-romana. Saranno loro, per la prima volta insieme, riuniti dalle strade di Roma, a raccontare con la musica questo tragico pezzo della Storia di noi tutti. E, se il passato è una ferita ancora aperta, se il passato è uno strappo, noi capiremo chi siamo soltanto nel momento in cui metteremo le mani nel nostro passato, con l’intento di ricucirlo. Di ricucire quello strappo, quella ferita, con un lavoro comune».