La musica come terapia. La musica come nuovo inizio. La musica letteralmente come rinascita, professionale, ma anche personale. Per Myra Ellen Amos, nota come Tori, Little Earthquakes, uscito il 6 gennaio 1992 è tutto questo. Dopo un esordio fin troppo pop e falcidiato dalle interferenze dei discografici, lo strano – e disconosciuto – Y Kant Tori Read del 1988, Amos torna alle sue radici e decide di mettersi a nudo, mostrando una forza e una sincerità disarmanti. E queste radici passano dal pianoforte, che è l’elemento centrale del disco, assieme alla voce. Quasi tutte le canzoni potrebbero vivere senza altri strumenti, tale è la loro intensità. Per lei, e per quasi tutto il suo pubblico, è il suo vero esordio nel mondo della musica.
Le cronache raccontano di una produzione non semplice per l’album, con la Atlantic che mette mano più volte alla tracklist definitiva, tagliando alcuni pezzi finiti, ma il risultato finale è un album che ha riscosso un successo di critica immediato e duraturo, e che è stato anche premiato dal pubblico con oltre due milioni di copie vendute negli Stati uniti e cinque dischi d’oro in veri paesi del mondo. Canzoni come Crucify, Silent All These Years o Winter sono forse le più accessibili, ma si tratta pur sempre di intensi sprazzi di «pop alternativo» che mostrano quanto Amos sia cresciuta rispetto all’album precedente e quanto la sua ispirazione sia cristallina come la sua voce. I temi spaziano dal sesso, al suo rapporto con la religione (Amos è figlia di un pastore metodista). Il resto dell’album galleggia magnificamente tra arrangiamenti jazz e quasi classicheggianti e un registro che rientra a pieno titolo nella definizione di «alternativo» sia per lo stile, sia per il timbro vocale da mezzo soprano che spazia da un sussurro ad acuti lancinanti.
Una menzione a parte va fatta per quello che è il pezzo più emotivamente intenso: Me and a Gun racconta in maniera vivida e cruda lo stupro subito da Amos dopo un concerto a Los Angeles nel 1984, a cui era sopravvissuta proprio grazie alla sua capacità di cantare. È una esecuzione a cappella che racconta come Amos sia riuscita elaborare la violenza. L’effetto sull’ascoltatore è quello di un pugno in pieno stomaco, che lascia piegati e senza fiato. Il singolo di successo arriverà con Cornflake Girl nell’album successivo, ma Little Earthquakes ha rispettato davvero il suo nome: è stato un terremoto, forse neanche tanto piccolo, nel mondo della musica alternativa degli anni ’90 e rimane tuttora un ascolto affascinante.

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