Philip K. Dick, ispiratore del sogno elettronico
Il critico letterario Fredric Jameson ha definito Philip Kindred Dick «lo Shakespeare della fantascienza». Quest’anno ricorre il quarantennale della morte dello scrittore statunitense: marginale e squattrinato in vita, Dick si è trasfigurato in un’ombra lunga che si è distesa sulla fine del secolo breve e sull’inizio di questi anni Duemila, portando visioni a cavallo tra psicosi e lucidità, dubbi inesausti sulla realtà e sul suo significato e – forse il suo retaggio più importante – un pervasivo senso di inquietudine nei confronti delle lusinghe del potere costituito, spesso fronteggiato, nella sua letteratura, da individui isolati, losers chiamati a stagliarsi contro l’Apocalisse in atto.
In questi quattro decenni, il medium videoludico ha accompagnato l’umanità in un percorso di crescita tecnologica che si è rivelato vertiginoso, e i mondi dickiani hanno impresso un segno indelebile non soltanto nelle menti dei registi hollywoodiani (Blade Runner uscì nelle sale cinematografiche poco tempo dopo la morte dello scrittore), ma anche in quelle degli sviluppatori di videogiochi. Il punto di partenza è rappresentato da Blade Runner, uscito nel 1985 su Commodore 64, ZX Spectrum e Amstrad PC. È evidente l’ispirazione – estetica e musicale – tratta dall’omonimo film di Ridley Scott, che nello stesso anno della sua morte aveva consacrato Dick a fama immortale, ma bisogna fare un salto considerevole nel tempo e arrivare al 1997 per trovare quella che è forse la più luminosa gemma videoludica ispirata ai lavori dello scrittore americano: Blade Runner, rilasciato da Virgin Interactive su PC in quell’anno. Trait d’union ideale tra la pellicola e il libro che l’ha ispirata, Blade Runner faceva suoi i codici estetici del film di Scott e metteva al centro della narrazione un tema centrale in Ma gli androidi sognano pecore elettriche?: l’affezione, a volte morbosa, dell’umanità postapocalittica per gli animali, unita alla quasi impossibilità di distinguerne le versioni robotiche dalle controparti in carne e ossa. Con più di un milione di copie vendute e diversi premi all’attivo, Blade Runner ha continuato ad affascinare gli appassionati del lavoro di Philip K. Dick e, più in generale, i fan delle avventure fantascientifiche videoludiche, tanto che ne è stata rilasciata nel giugno 2022 una riedizione modernizzata per le piattaforme di ultima generazione.
Ma gli androidi sognano pecore elettriche? e la sua trasposizione cinematografica non sono le uniche opere di rilievo nella variegata galassia dickiana, e anche altri romanzi dello scrittore americano sono diventati realtà virtuali. È il caso di Ubik, la cui versione videoludica è stata pubblicata nel 1998 su PC e PlayStation. Ci troviamo di fronte a un’avventura dotata di elementi action che permette ai giocatori di vestire i panni di Joe Chip, replicando con una certa fedeltà la paranoia che si respira negli ambienti letterari della sua fonte d’ispirazione. È di pochi anni successivo Minority Report, rilasciato nel 2002 su Xbox e PlayStation 2. Basato sul film con regia di Steven Spielberg (nelle sale cinematografiche quello stesso anno), tratto dall’omonimo racconto di Philip K. Dick, si tratta di un videogioco abbastanza aderente all’immaginario visto al cinema, ma poco soddisfacente dal punto di vista del gameplay. Non a caso, le recensioni delle testate videoludiche dell’epoca non furono lusinghiere.
Merita una menzione quello che è forse il più accorato e sincero omaggio mai fatto dal mondo dei videogiochi a Philip K. Dick: Californium, pubblicato nel 2016 su PC, immerge nelle atmosfere della Berkeley del 1967 e mette i giocatori nei panni di Elvin Green, uno scrittore di fantascienza dedito agli acidi e preoccupato per la propria carriera, pressato dall’esigenza di arrivare a fine mese. Si tratta di un viaggio indimenticabile, all’insegna delle allucinazioni e della paranoia tanto palpabili nell’Esegesi dickiana. Il salto costante tra varie dimensioni e l’inquietante domanda, sempre imperante nella letteratura dello scrittore – che cosa è reale? – e costantemente posta al videogiocatore in Californium rendono imperdibile questo titolo per ogni appassionato di Philip K. Dick. «La realtà non è altro che un punto di vista», dice il narratore, e la sfolgorante estetica retrofuturistica scelta dagli sviluppatori si rivela immersiva e coinvolgente, invitando all’esplorazione della lisergica e coloratissima città di Berkeley.
Dick ha intravisto gli abissi insondabili dell’animo umano e vi si è immerso con prosa a volte brillante, altre affrettata, ma sempre rifiutando la chiusura dell’uomo in sé stesso. Lasciando spazio all’eroismo delle persone comuni, senza trionfalismi, in cui il valore dell’individuo è dato dalla sua capacità di donarsi agli altri. Ecco quindi che Dick, «rivoluzionario forse solo in parte consapevole» nelle parole di Carlo Pagetti, continua a ispirare esperienze videoludiche dense di significato nel nostro mondo contemporaneo.
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