Visioni

Peter Hook: «Il punk fu una luce nel buio, così sono scappato per unirmi al circo»

Peter Hook:  «Il punk fu una luce nel buio, così sono scappato per unirmi al circo»I Joy Division nel 1979

Incontri Rockstar strafatte, discografici truffaldini nel libro dell’ex bassista di Joy Division e New Order. Sulle serate dell’Hacienda, storico club di Manchester, anche una serie tv. «'Blue Monday' è nata facendo esperimenti con la drum machine: abbiamo rubato il ritornello a 'Our Love' di Donna Summer»

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 27 ottobre 2019

Peter Hook è un uomo felice. L’ottobrata romana e la terrazza che dà su Piazza del Popolo e il Pincio fanno la loro parte, ma nei due giorni trascorsi in città per promuovere Haçienda, Come non si gestisce un club (Luiss University Press, traduzione di Chiara Veltri) la frase che ripete più spesso è «Ho avuto una vita così ricca!». Il riferimento non è al suo conto in banca: «Far parte di un grande gruppo è fantastico, far parte di due è strabiliante», aggiunge. Un paio di rimpianti li ha, ma non per la quantità di denaro dilapidato per tenere in vita il leggendario club di Manchester, «la cattedrale gotica in cui si innalzavano inni agli dèi», nelle parole di Tony Wilson, responsabile della Factory Records.
Il primo rimpianto di Peter Hook, bassista di Joy Division, New Order e The Light, riguarda la madre che fino al suo ultimo giorno (è morta nel 2000) lo ha implorato di trovarsi un lavoro come si deve, ad esempio fare il poliziotto come suo fratello. Il secondo è di aver scritto tre libri (oltre a questo uno sui Joy Division e un altro sui New Order) con un finale triste. «Però adesso che sono un autore forse anche mia madre sarebbe soddisfatta», dice con un lampo di speranza negli occhi.

Dal libro sulla Haçienda verrà tratta una serie tv. «Lo sceneggiatore Ed Whitmore (Silent Witness, CSI, Arthur and George, ndr) è un fan dei Joy Division e dei New Order e mi ha chiesto di lavorarci insieme. Ha già avuto due offerte anche se non abbiamo ancora finito di scrivere la sceneggiatura». Per rendere giustizia alla saga dell’Haçienda – tra rockstar strafatte, discografici truffaldini e manager compiacenti, entrambi molto generosi con il denaro altrui, gangster, alcol, droghe, furti e una città intera che balla sotto l’incantesimo dell’acid house – non basterebbe Quentin Tarantino. Leggendo le quasi 400 pagine del libro scorrono scene pulp e grottesche, come il concerto segreto dei Teardrop Explosion talmente segreto che si presentarono otto persone, oppure il Capodanno in cui l’incasso fu così alto che il denaro venne ammassato dietro il bancone del bar. Quando a mezzanotte partirono i fuochi d’artificio, le scintille diedero fuoco al malloppo: cinquemila sterline in cenere. I soldi che non bruciavano finivano divorati dalle banche: «Il lunedì mattina depositavamo tutti i soldi che avevamo guadagnato accompagnati dalla nostra scorta armata – scatoloni su scatoloni – in un furgone Securicor, per poi vederli sparire una volta arrivati in banca: per coprire le nostre tasse, i prestiti, i costi della gestione quotidiana», scrive Hook nel libro.

Peter Hook in uno scatto recente

Oppure la trasferta a Ibiza, come Alice nel Paese delle Meraviglie a fare baldoria nella tana del Bianconiglio, girando per tutti i club, i bar di trans e gli afterhour di San Antonio, lasciando ogni mattina una fila di auto distrutte. «Eravamo come maiali in una mangiatoia, ma che tempi meravigliosi e folli, di totale edonismo e stupidità. Come abbiamo fatto a sopravvivere?», si chiede incredulo sorseggiando un espresso.

Un caso esemplare della totale incapacità gestionale del gruppo Factory/Haçienda è Blue Monday: riuscirono a rimetterci pure con uno dei singoli più venduti della storia. «Mai perdere l’occasione di perdere un’occasione», si legge nel libro. Nel 1983 il singolo vendette più di 700mila copie, ma a causa della copertina fustellata che ricordava un floppy disk, la Factory ci rimise 10 pence a copia. «Quello che costava di più era quello che non c’era, i buchi», commenta Hook con il consueto aplomb, e aggiunge: «Ancora oggi i dj mi dicono che lo suonano quando hanno bisogno di risollevare una serata. Blue Monday è nato perché Bernard faceva esperimenti con le macchine e Steven aveva una drum machine. Abbiamo sentito Our Love di Donna Summer, abbiamo rubato il ritornello, abbiamo usato il riff di batteria per l’intro, Bernard ha creato una successione di accordi, l’ha programmata nel sequencer e noi ci abbiamo suonato sopra. Per i New Order non è mai stata una canzone importante, le nostre canzoni erano Thieves Like Us, Perfect Kiss, Age Of Consent. La cosa interessante di cui mi sono accorto da quando la suono in concerto sono gli errori: battute da sei, altre da cinque, tre, dodici, tredici, che non si potevano cambiare come si farebbe oggi con un programma perché era registrata sulla backing track, tutto il resto doveva andarci sopra e perciò noi dovevamo girarci intorno. Purtroppo Bernard è passato dall’essere un innovatore a essere un overproducer. Quando abbiamo fatto Waiting For The Siren Call lo imploravamo di smettere, tre anni per fare venti canzoni! Blue Monday lo abbiamo fatto in due settimane, Love Will Tear Us Apart in tre ore».

Quante copie di questo libro dovresti vendere per rifarti di tutti soldi persi con l’Haçienda?

(ride) Il libro ha venduto circa 250mila copie in Inghilterra, dove nel 2009 è uscito insieme a quello di Gordon Brown. Nella prima settimana lui ha venduto seimila copie, io settantacinquemila! (grossa risata). Non ci sono molti libri sui club, eppure sono un fenomeno importante: la gente ci va ancora per ascoltare musica, ballare, bere, dimenticare, innamorarsi. La storia dell’Hacienda è unica. Rob Gretton, il nostro manager, e Tony Wilson capirono che persone come noi non avevano nessun posto dove andare a Manchester. Il movimento punk era ancora giovane e parecchio malvisto dalla gente normale, i locali non ci lasciavano entrare. Rob e Tony decisero che avevamo bisogno di un club e usarono i soldi dei Joy Division per costruirlo senza dircelo. Hanno creato qualcosa di meraviglioso, ingenuamente.

A proposito di ingenuità, da una persona working class come te ci si aspetterebbe un’etica più rigorosa nei confronti del denaro.

Non ci è mai importato niente dei soldi, solo quando è arrivato l’uomo del fisco e ha minacciato di sbatterci in prigione. Abbiamo pagato la multa più salata della storia di qualsiasi gruppo pop (800mila sterline, ndr) per colpa della cattiva gestione e del fatto che non ci importava dei soldi. Rob e Tony non erano uomini d’affari, hanno commesso migliaia di errori ancora prima di aprire la porta del club e per sedici anni abbiamo pagato per i loro sbagli, ma la storia dell’Haçienda è incredibile: un gruppo pop ha intrattenuto l’intera città di Manchester per sedici anni a spese proprie. Nessun altro gruppo lo ha mai fatto. Non i Beatles che da Liverpool se ne sono andati a Londra, e nemmeno gli Oasis. Io invece andavo a trattare con i gangster armati! Era normale che dal bar mi chiamassero per dirmi che c’era qualcuno con un Uzi. Anziché scappare, scendevo per risolvere la questione, ma solo perché ero imbottito di vodka, cocaina e speed.

Quando ti sei disintossicato?
Nel 2004. The Priory era divertente, era come Qualcuno Volò Sul Nido Del Cuculo. Quando smetti di bere devi stare molto attento, perché la lucidità ti acceca. È la sobrietà che ha fatto sciogliere i New Order.

Che cos’era per te il punk?

Essere indipendenti, ribellarsi, non fare quello che ti dicono, come a scuola. Quando sono andato a sentire i Sex Pistols e Johnny Rotten urlava fuck off ho pensato «Ma questo posso farlo anch’io!». Con l’Haçienda siamo rimasti fedeli all’etica punk: ci importava della gente, volevamo che stessero bene, ma dopo l’avvento dell’acid house la situazione andò fuori controllo. Era Madchester! Quando aprivamo le porte, non sapevamo quale gangster sarebbe arrivato, quante armi si sarebbe portato dietro e che cosa avrebbe fatto. Poi negli anni ‘80 Manchester e il mondo sono cambiati, abbiamo superato il male di vivere del punk. Il punk per me fu una luce nel buio, ho lasciato il lavoro e sono scappato per unirmi al circo.

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