Cosa si cela davvero nel cuore di un romanzo di spionaggio, cosa può rendere una spy story indimenticabile e per certi versi capace di chiudersi ponendo ancora nuove domande? Con la La fedeltà della spia (Sem, pp. 238, euro 20, traduzione di Laura Grandi) Peter Cunningham sembra offrire una risposta, se non definitiva, perlomeno in grado di porre una seria ipoteca sul futuro. Intorno al personaggio di Marty Ransom, via via efficiente funzionario della diplomazia di Dublino, affettuoso cugino di un leader dell’Ira, riluttante agente dell’intelligence britannica, cresciuto da un padre, il «Capitano», nel mito, un po’ gaglioffo nelle terre della Repubblica d’Irlanda dell’aristocrazia terriera e della gloria militare dell’Impero britannico, Cunningham tesse una trama dove non si smette neppure per un istante di indagare tra le emozioni contrastanti, forse nell’anima stessa, del protagonista. Lo scrittore irlandese, già autore di un ciclo di romanzi che raccontano l’evoluzione della storia dell’isola dalla città immaginaria di Monument – sempre per Sem sono usciti Il mare e il silenzio e Le conseguenze del cuore -, mostra come non ci sia nulla di più misterioso, e spesso segreto, dei nostri sentimenti e del modo in cui, tra molte contraddizioni, cerchiamo di restare loro fedeli.

Il titolo del romanzo fa riferimento alle diverse forme di fedeltà che esprime Marty Ransom, il protagonista, in base ad una sorta di geografia dei propri sentimenti più che ad una riflessione ponderata su quanto gli accade intorno. Si può dire che diventi una spia per amore?
Senza dubbio, l’amore guida le azioni di Marty, ma dobbiamo chiederci: l’amore per chi e per cosa? È l’amore per Alison che lo seduce perché lui passi i segreti degli irlandesi agli inglesi? O è l’eco di un vecchio desiderio nei suoi confronti? O, ancora, è la voglia di sentirsi all’altezza dei valori e delle aspettative del suo defunto padre? Marty è consumato dall’amore per suo padre, anche se la figura di quest’ultimo era quasi totalmente «inventata», non aderente alla realtà. In realtà Marty vuole essere suo padre, qualunque cosa significhi. Lavorare per l’altra parte – gli inglesi – è un modo per soddisfare questa esigenza così profondamente radicata in lui. Gli inglesi riconoscono questo suo aspetto e lo arruolano.

Lo scrittore irlandese Peter Cunningham

Marty è combattuto tra la fedeltà alle proprie radici, al luogo in cui è nato, alla sua infanzia e al modo in cui è approdato all’età adulta, alla famiglia del padre e alla stessa figura paterna, alle donne che ha amato, ma anche alla maniera in cui è giunto alla consapevolezza tra giusto e sbagliato. Oltre ad un seducente profilo narrativo, incarna anche una metafora della condizione dell’Irlanda?
Per molti aspetti sì, perché Marty rientra in quella difficile categoria delle persone «dimenticate» al momento dell’indipendenza irlandese nel 1921. Uomini e donne la cui fedeltà andava alla Gran Bretagna ma che si trovarono quasi improvvisamente in una nuova Irlanda, tagliati fuori da quello che era stato il Regno Unito di un tempo. Queste persone possono essere descritte come anglo-irlandesi, anche se certamente non tutti gli anglo-irlandesi sarebbero d’accordo con il ritratto che sto tracciando. Erano, e sono ancora, principalmente protestanti, parlano con l’accento inglese, guardano all’Inghilterra come ad un riferimento spirituale, alla «casa del cuore». L’Irlanda per loro sarà sempre la seconda patria. E, fondamentalmente, la loro cultura è britannica, anche se questo non dovrebbe sorprendere più di tanto visto che l’Irlanda è stata una colonia britannica per più di settecento anni.

Il percorso biografico del protagonista ci racconta non a caso di un ambiente irlandese profondamente influenzato dalla storia e dalla cultura britanniche. Già questa caratteristica sembra definirne il profilo come quello di una figura di confine, in qualche modo sospesa tra due mondi.
In effetti, Marty cammina tra due mondi: quello ideologicamente imperfetto del suo fantasioso padre e quello reale del Paese nel cui servizio diplomatico lavora. È stato contagiato fin dall’infanzia dall’esempio di suo padre, un cattolico che tuttavia aspirava ai simboli dell’aristocrazia protestante – la nobiltà terriera – la ricchezza e lo stile di vita proprio di quell’ambiente. Il duro confine tra la Repubblica d’Irlanda e l’Irlanda del Nord, che si impone sullo sfondo per tutto l’arco temporale del romanzo, rappresenta l’incarnazione fisica di questa divisione che esiste nell’animo di Marty. Due Paesi, due giurisdizioni, due diversi tipi di alleanze, ma tutte strettamente contenute all’interno di un’unica entità, per molti versi dello stesso spazio simbolico.

Senza nulla togliere all’intrigo e ai colpi di scena, «La fedeltà della spia» si concentra sugli aspetti letterari del genere spionistico, evocando i segreti interiori dei protagonisti prima ancora che i grandi misteri della Storia. Cosa le interessava raccontare davvero con questo romanzo?
Volevo entrare nella mente di un uomo che vive tutta la sua vita al limite, assaporando il pericolo della sua posizione e dedicando tutta la sua esistenza a qualcosa che capisce a malapena ma che lo spinge visceralmente, emulando le fantasie del padre morto, inclinandosi in una direzione, poi nell’altra, conducendo la doppia vita di una spia che, ammettiamolo, di solito ha un triste esito finale.

Nel libro compare a più riprese un personaggio reale, Charles J. Haughey, a lungo Taoiseach, premier della Repubblica d’Irlanda, una figura controversa coinvolta nel sostegno economico all’Ira come in scandali di natura economica, ma che ha dominato a lungo la politica irlandese. Cosa ci dice la sua traiettoria della recente storia irlandese?
Haughey era e rimane di gran lunga la figura più interessante della politica irlandese degli ultimi 60 anni. Con i propri antenati e le radici famigliari nell’Ulster, era profondamente impegnato per la libertà e l’emancipazione dei cattolici nel Nord. Era anche un politico eccezionalmente capace a Dublino che, nonostante i suoi fallimenti personali e la tendenza alla corruzione finanziaria, ha lasciato un segno indelebile nella società della Repubblica. La sua influenza si può riscontrare ancora oggi nell’architettura, nella legislazione e negli affari del Paese.

I protagonisti della storia hanno le proprie radici a Waterford, la città dove lei è nato e che fa da sfondo, con il nome di Monument, ad un suo fortunato ciclo di romanzi. Quale la relazione tra questo libro e la serie di cui fa parte «Le conseguenze del cuore»?
Lo sfondo geografico è esattamente lo stesso in questi romanzi come negli altri del «ciclo» di Monument. Le due città – Waterford e Monument – sono due facce della stessa medaglia. La famiglia di Marty, da parte di padre, proviene esattamente dallo stesso background sociale e geografico di Chud Conduit, il protagonista di Le conseguenze del cuore. Le strade e le piazze in cui si muove Marty a Waterford, le banchine e i bastioni, sono esattamente quelli esplorati da Iz, quando entra a Monument nel romanzo Il mare e il silenzio, un altro di quelli che ho ambientato nei luoghi in cui sono cresciuto.

«La fedeltà della spia» racconta di un’epoca che gli accordi di pace del Venerdì Santo del 1998 sembrava aver archiviato. Oggi però in Irlanda del Nord è tornata la tensione. Come giudica la situazione dal suo osservatorio nella Repubblica d’Irlanda?
L’intera isola d’Irlanda è stata trasformata dalla pace sancita con gli accordo del Venerdì Santo, ma persistono ancora delle tensioni in Irlanda del Nord, dove la popolazione cattolica ora è più numerosa di quella protestante. Una netta maggioranza dei cittadini del Nord ha votato contro la Brexit, ma sono stati costretti a subirne le conseguenze da Londra e dagli unionisti protestanti per i quali il legame con la Gran Bretagna è più importante di qualsiasi altra cosa, inclusi posti di lavoro e investimenti, prosperità e pace, vita e morte. L’Irlanda del Nord ha una possibilità fantastica: accesso sia al mercato interno dell’Unione europea che a quello del Regno Unito. Eppure, questo non interessa agli unionisti intransigenti la cui ossessione è l’unione con Londra ad ogni costo. Questo è il contesto ufficiale, ma quando giochiamo a rugby insieme, cosa che facciamo come un’isola (unita), a Nord e a Sud, e dimostriamo a tutti che siamo i migliori al mondo, fortunatamente la politica e la storia sono davvero dimenticate.