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Pesticidi vietati in Europa venduti nel sud del mondo

Pesticidi vietati in Europa venduti nel sud del mondo

I dati Le sostanze finiscono sulla frutta e verdura poi importate. Italia al secondo posto per esportazioni

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 9 febbraio 2023

Navi cariche di pesticidi lasciano l’Europa dirette verso i Paesi del Sud del mondo e dell’Est Europa, trasportando sostanze che non potrebbero essere utilizzate nei Paesi dell’Unione. Nel 2018, il dato a cui fa riferimento l’Atlanta dei pesticidi 2023, l’Italia era sul podio dell’export, in seconda posizione con 9.499 tonnellate, seguita dalla Germania con 8.078. Primo, lontanissimo, il Regno Unito, nel frattempo uscito dall’Europa, con 32.187. I Paesi che ricevono (e utilizzano) questi pesticidi sono il Brasile (e in generale tutti quelli del Centro e Sud America), l’Ucraina ma anche il Sud Africa.

È un boomerang, però: da quei Paesi i mercati occidentali dipendono per l’importazione di verdura e frutta, in particolare di quella esotica. E questo fa sì che i pesticidi messi al bando dall’Europa tornino nei nostri piatti, come dimostra un campionamento randomizzato realizzato tra il 2017 e il 2021, che ha trovato pesticidi vietati nel 16% dei campioni di verdura testati in Svizzera (35 su 216), nel 16% dei campioni di frutta esotica testati (35 su 221) nello stesso Paese, nel 95% delle papaie oggetto di analisi in Germania (20 campioni su 21), nel 75% dei mango venduti nello stesso Paese (12 su 14), nel 75% della frutta campionata in Austria.

È UN’ENORME QUESTIONE APERTA: secondo le proiezioni del mercato, spiega il report presentato a Milano a inizio febbraio in occasione della Festa del Bio, le esportazioni di pesticidi verso i Paesi del Sud del Mondo continuerà ad aumentare. Questo perché – evidenzia l’analisi – «le cinque principali aziende agrochimiche, fra cui Bayer, Basf e Syngenta, generano già più di un terzo delle loro vendite di pesticidi da principi attivi classificati “altamente pericolosi” da Pesticide action network (Pan)». Secondo l’Oms e la Fao, i pesticidi altamente pericolosi (HHP) sono quelli che presentano livelli di rischio acuto o cronico per la salute umana o per l’ambiente particolarmente alti. Per questa ragione, molti di essi non sono più autorizzati nell’Ue. Tuttavia, alle aziende europee è ancora consentito venderli. In totale, nel 2018 e nel 2019, i Paesi Ue e il Regno Unito hanno approvato l’esportazione di un totale di 140.908 tonnellate di pesticidi vietati sui terreni agricoli europei a causa dei rischi inaccettabili per la salute e per l’ambiente. In alcuni casi, società europee come le tedesche Bayer e BASF producono pesticidi direttamente nei Paesi terzi, e questi contengono principi attivi vietati in Ue.

SECONDO UNO STUDIO DEL 2020, in Sud Africa e Brasile queste aziende hanno venduto prodotti contenenti almeno 28 principi attivi vietati in Europa. Il problema, a quel punto, diventa l’import di derrate alimentari: residui di 74 pesticidi vietati in Ue sono stati rinvenuti in alimenti testati sul mercato europeo, nel 2018, di questi, 22 erano stati esportati dall’Europa nello stesso anno.
In Brasile, uno dei più grandi consumatori di pesticidi al mondo, nel 2019 sono arrivati almeno 14 principi attivi altamente pericolosi non più autorizzati in Ue. Fra questi, elenca il rapporto, ci sono «il fipronil di Basf, altamente tossico per le api, il neurotossico chlorpyrifos della portoghese Ascenza Agro SA, l’altamente tossico cianamide, della tedesca Alzchem AG, e il propineb di Bayer, che provoca disfunzioni sessuali e infertilità».

In Kenya, invece, «sarebbero autorizzati 230 principi attivi, 51 dei quali non sono più consentiti in UE, fra essi l’atrazina (Syngenta), il trichlorfon (Bayer) e il fipronil (Basf)».

Le organizzazioni non governative impegnate sul terreno nel Sud del mondo avvertono che gli agricoltori usano sempre più sostanze pericolose per le colture alimentari. Le importazioni del Kenya nel 2018 e nel 2019 includevano iprodione e acetoclor dal Belgio e 1,3-dicloropropene dalla Spagna, sostanze vietate in UE. Il Sud Africa ha invece importato principi attivi come l’imidacloprid, nocivo per le api, da Germania e Francia nel 2021 e 2022.

SECONDO LE AZIENDE AGROCHIMICHE il problema non esisterebbe: i loro prodotti, se usati adeguatamente, sarebbero sicuri e non provocherebbero danni all’uomo, agli insetti o ai corpi idrici. Ma l’utilizzo adeguato prevede di indossare dispositivi di protezione e rispettare orari di applicazione specifici, distanze di irrorazione e linee guida per l’impiego, tutti elementi che non possono essere garantiti nel Sud del Mondo, dove chi applica le sostanze non ha avuto una formazione adeguata o non l’ha avuta affatto, ed è scarsamente informato sui rischi per la salute e sulle distanze da mantenere durante l’applicazione. I dispositivi di protezione individuale, poi, sono difficili da reperire o troppo costosi, oppure non vengono indossati a causa delle elevate temperature. Diversi studi dimostrano che molti utenti non sanno leggere le istruzioni, o perché hanno un livello di scolarizzazione basso o perché le istruzioni non sono scritte nelle lingue dei rispettivi Paesi. È un problema noto, denunciato da anni dalle organizzazioni internazionali come la Fao e l’Oms. Solo chi è mosso dalla ricerca di profitto non lo vede.

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