Pesticidi made in Italy
Italia I paesi Ue continuano a produrre veleni per uso agricolo vietati in Europa per venderli ai paesi in via di sviluppo. Nel 2018 ottantamila tonnellate sono finite sul mercato (9.500 prodotte in Italia)
Italia I paesi Ue continuano a produrre veleni per uso agricolo vietati in Europa per venderli ai paesi in via di sviluppo. Nel 2018 ottantamila tonnellate sono finite sul mercato (9.500 prodotte in Italia)
L’Italia detiene un infelice primato: è il secondo Paese dell’Unione europea per quantità di pesticidi esportati nel mondo il cui impiego è da tempo vietato in Europa. Ciò emerge da una recente inchiesta realizzata dall’unità investigativa di Greenpeace Uk, Unearthed e dalla svizzera Public Eye su dati del 2018.
«IL NOSTRO PAESE NE ESPORTA CIRCA 9.500 tonnellate che rappresentano il 12 per cento delle oltre ottantamila totali commercializzate dai vari stati con destinazione in 85 Paesi extracomunitari», afferma Federica Ferrario, responsabile Campagna agricoltura di Greenpeace Italia. Al primo posto troviamo il Regno Unito (nel 2018 era ancora stato membro dell’Ue), mentre subito dopo L’Italia ci sono Germania e Olanda. Ma come è possibile che le autorità europee autorizzino l’esportazione in tutto il mondo di prodotti da noi vietati? «Purtroppo ci sono delle scappatoie nella normativa europea – continua Ferrario – che consentono alle aziende agrochimiche di continuare a produrli ed esportarli nei Paesi dove queste sostanze non sono vietate. Noi abbiamo norme abbastanza all’avanguardia, anche se lungi dall’essere perfette, mentre in molti altri Stati sostanze da tempo vietate nell’Ue per i loro potenziali rischi per la salute umana o per l’ambiente sono ancora autorizzate».
IN SEGUITO A QUESTA INCHIESTA DA PIU’ PARTI sono giunte alla Commissione europea richieste pressanti affinché si ponga fine a questo commercio. Il Pan-Europe (Pesticide Action Network), che raccoglie una settantina di associazioni non governative, ha scritto una lettera aperta indirizzata al Vicepresidente esecutivo Timmermans, ai Commissari europei Kyriakides (salute e sicurezza alimentare), Wojciechowski (agricoltura) e Sinkevicius (ambiente) sostenendo che non è più tollerabile che le aziende dell’Ue si approfittino delle deboli leggi sulla salute umana e sull’ambiente in molti Paesi terzi per vendere pesticidi che sono considerati troppo pericolosi per l’uso in Europa.
LA RISPOSTA DI BRUXELLES NON SI E’ FATTA ATTENDERE. Con una nota ha fatto presente che il regolamento dell’Unione Europea richiede che i Paesi importatori diano il loro consenso esplicito a tali importazioni e che ricevano una serie di informazioni sulle sostanze chimiche in questione per assisterli nelle loro decisioni. Ricorda inoltre che la «Strategia in materia di sostanze chimiche per la sostenibilità verso un ambiente privo di sostanze tossiche» mira a impedire l’esportazione di quelle pericolose, compresi i pesticidi, vietati nell’Ue e che la Commissione sta valutando le varie opzioni per l’attuazione di questo obiettivo, inclusa una revisione della legislazione.
«È CERTAMENTE UN BUON SEGNALE», AFFERMA Federica Ferrario, e in questo modo si darebbe una risposta dignitosa anche alle dozzine di esperti di diritti umani delle Nazioni Unite che hanno lanciato un appello affinché si metta fine alla pratica, deplorevole, di esportare pesticidi tossici vietati verso i Paesi più poveri. «Questa -prosegue – è anche l’unica strada per proteggere in modo efficace noi stessi e l’ambiente da sostanze tossiche che costituiscono un rischio per le persone, inquinano acqua e suolo e contribuiscono al declino di specie essenziali per il mantenimento degli equilibri naturali, come le api e gli insetti impollinatori. Ora però bisogna continuare vigilare affinché dalle parole si passi ai fatti».
Tra i 41 prodotti esportati nel 2018 oggetto dell’inchiesta e non più impiegati nell’Unione europea troviamo principalmente erbicidi, ma anche insetticidi e comunque prodotti a uso agricolo. «La sostanza maggiormente presente – sottolinea la responsabile di Greenpeace Italia – è il paraquat, un diserbante vietato da tempo. È così tossico che un sorso può uccidere ed è sospettato di aumentare il rischio di contrarre il Parkinson. Per quanto riguarda l’Italia, la prima sostanza esportata per quantità nel 2018, circa due terzi del totale, è il trifluralin puro: un sospetto cancerogeno vietato in Europa già dal 2007 a causa della sua elevata tossicità per i pesci e altri organismi acquatici, nonché per la sua elevata persistenza nel suolo. Il secondo posto, con 1.820 tonnellate, spetta a un altro sospetto cancerogeno per gli esseri umani: l’erbicida l’ethalfluralin, diretto principalmente in Canada e Stati Uniti.
UN’AZIENDA ITALIANO HA ANCHE NOTIFICATO piani per esportare più di 300 tonnellate di diserbante a base di atrazina, un erbicida tossico vietato nel 2004, verso Sudan, Israele, Stati Uniti e Sud Africa. «Dall’inchiesta è emerso anche – spiega Ferrario – che sono stati notificati per l’esportazione dalle autorità italiane 400 tonnellate del fumigante 1,3-dicloropropene in Marocco e 329 tonnellate di insetticidi a base di propargite in India, Vietnam e Marocco. Entrambe le sostanze sono state classificate come probabili cancerogeni per gli esseri umani dall’Epa (Agenzia per la protezione dell’ambiente degli Stati Uniti). Senza poi contare che stiamo parlando di prodotti che oltre a causare rischi per le persone hanno una elevata tossicità per i pesci e altri organismi acquatici, come per esempio il trifluralin, la principale sostanza esportata dall’Italia risultante dalla nostra inchiesta».
Federica Ferrario pone l’accento anche sul tema della sicurezza alimentare: «È assurdo anche il fatto che da molti dei Paesi a cui vengono vendute queste sostanze tossiche giungano poi derrate alimentari sul mercato europeo con il rischio di importare prodotti che contengono residui di queste sostanze».
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