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Perù, presidenziali senza alternativa

Perù, presidenziali senza alternativaPerù, campagna elettorale

Elezioni Il successore di Ollanta Humala sarà scelto fra due volti delle destre. La sinistra esclusa dal ballottaggio appoggia «El Gringo» contro la figlia di Fujimori

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 5 giugno 2016

Oggi si vota, in Perù, per eleggere il prossimo presidente. Si sfidano Keiko Fujimori (Fuerza Popular – Fp -) e Pedro Pablo Kuczynski (Peruanos Por el Kambio – Ppk-), i due candidati più votati al primo turno del 10 aprile, con 39,85% e 21,01% dei voti rispettivamente.

Secondo le inchieste, Keiko, figlia dell’ex dittatore Alberto Fujimori (in carcere per violazioni ai diritti umani) è in vantaggio di 5 punti su Kuczynski, un ex ministro di 77 anni, ex funzionario della Banca Mondiale, noto come «el gringo». Il monitoraggio del gradimento indica però che lo scarto si è ridotto. I 22 milioni di persone sceglieranno il successore di Ollanta Humala fra due volti delle destre.

L’unica candidata di sinistra, Veronika Mendoza (Frente Amplio), è arrivata terza al primo turno e ora, dopo molte discussioni nella sua coalizione, ha chiesto al suo 20% di votare per Kuczynski: per battere la destra più aggressiva che Kuczynski ha definito «un narcostato». L’invito al boicottaggio è però molto forte nei settori di sinistra. Al primo turno, segnato dagli scandali e dall’esclusione di candidati dalla competizione, il non voto è arrivato al 15%. Nel paese sono presenti gli osservatori elettorali, provenienti dall’America latina, ma anche dall’Europa. Keiko Fujimori ha contestato la presenza della presidente del Consejo Nacional Electoral del Venezuela, Tibisay Lucena, ribadendo che il suo partito «ha sempre sostenuto l’opposizione venezuelana e ora appoggia l’iniziativa di Luis Almagro all’Osa per imporre sanzioni al paese».

Poi, in polemica con il suo avversario diretto, ha detto di apprezzare di più la posizione di Gregorio Santos, di Democracia Directa, candidato presidenziale al primo turno, che ha invitato a votare in bianco. Santos ha fatto campagna elettorale dal carcere, dov’è ingiustamente rinchiuso per le sue battaglie ecologiste contro l’estrattivismo a fianco dei contadini. Un problema che, chiunque dei due vinca, subirà un’accelerazione, e le porte alle multinazionali verranno ulteriormente spalancate. Fujimori ha promesso di abolire una legge contro le miniere illegali.
Lo slogan di Kuczynski è stato «democrazia, dialogo e dignità». Agli elettori ha chiesto il voto «perché questo è l’unico modo di avere un paese democratico e sicuro». Altro punto forte su cui l’imprenditore cerca di aggregare il paese è la paura del fujimorismo. Fino alla chiusura della campagna elettorale, vi sono state imponenti manifestazioni al grido di «Keiko no va». L’ultima ha riunito a Lima oltre 50.000 persone. In prima fila le donne, che hanno ricordato la campagna di sterilizzazione forzata imposta dal dittatore Fujimori e le violazioni ai diritti umani.
Keiko, che all’età di 19 anni ha assunto il ruolo di first lady a fianco del padre divorziato, ha cercato di smarcarsi dal passato del genitore – eletto nel 1990 con lo slogan «lavoro, onestà, tecnologia» -, ricordandone l’assistenzialismo prima maniera. Da dieci anni si sta costruendo per assumere la presidenza del Perù.

L’ultima volta è stata sconfitta da un Ollanta Humala che aveva lasciato intendere di voler aderire al campo bolivariano, privilegiando le relazioni sud-sud, e che era stato per questo sostenuto da Chavez. Speranze presto disattese. Nel paese sono aumentate le basi militari Usa e, dopo queste elezioni, l’appello per espellere dall’America latina la presenza militare nordamericana, pronunciato di recente dal presidente di Unasur Ernesto Samper, rimarrà ancor più inascoltato. A differenza del padre, che a ogni elezione cambiava il nome del partito perché le istituzioni erano per lui solo un orpello, Keiko ha costruito un marchio di forte identificazione, Fuerza Popular, con la quale ha partecipato alle elezioni del 2011 e a quella attuale puntando anche molto sui settori popolari.

Ha mantenuto parte della vecchia guardia, ma al contempo ha rinnovato i quadri e il trucco del movimento per farlo apparire più giovane, moderno e meno autoritario: anche se ha recentemente dichiarato che «non le tremerà la mano» contro la corruzione, che rafforzerà i poteri della polizia e che sarà inflessibile contro il matrimonio ugualitario (per conquistare il voto degli evangelici). Sia come sia, Keiko avrà ottenuto che il fujimorismo e la destra della peggior risma che rappresenta, torni a essere un fattore decisivo per i prossimi 5 anni: se vince perché sarà presidente, se perde perché avrà la maggioranza in Parlamento e il relativo peso politico. Il fratello minore di Keiko, Kenji, già a capo del gruppo parlamentare fujimorista nel 2011, è stato rieletto con grandi percentuali e il partito di Fujimori ha la maggioranza assoluta al Congresso.

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