Lavoro

Perché la prevenzione non tiene il passo con il lavoro che cambia

Perché la prevenzione non tiene il passo con il lavoro che cambia

Morti sul lavoro Salute e sicurezza vanno riorganizzate in un’Agenzia nazionale, articolata per territori e governata dalle parti sociali sul modello del movimento degli edili

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 6 agosto 2021

I numeri dei morti e feriti sul lavoro sono eloquenti, e nella loro essenzialità indicano sia la dura persistenza delle vittime, che l’inefficacia delle politiche di protezione. La pena per le vittime rischia di essere superata dal fastidio delle dichiarazioni, sempre identiche, che invocano nuove leggi e nuovi ispettori.

Il quadro generale purtroppo è segnato non solo dalle morti ma anche dagli incidenti invalidanti e dalle malattie professionali di vecchio e di nuovo tipo. Il complesso di tale situazione affonda le sue radici nella voragine che si è aperta tra l’evoluzione accelerata della struttura produttiva, la conseguente metamorfosi del lavoro, e l’inadeguatezza delle protezioni sociali.

Sono oltre il 90% le imprese con meno di 15 dipendenti; la macchia di lavoro nero e grigio spesso copre intere aree e regioni; le migrazioni colorano ancor più problematicamente l’insieme del quadro. Pensare oggi Salute e Sicurezza del lavoro, significa riordinare, all’insegna della prevenzione, l’intera struttura di protezione. Almeno su tre aspetti dirimenti.

A)Un aspetto culturale. Oggi la prevenzione viene confusa, anche sull’onda della giusta e sacrosanta reazione sociale, con la sanzione e con la repressione. La volontà punitiva riempie il vuoto della incapacità preventiva. La gran parte della attività dei cosiddetti Enti Previdenziali è in realtà un’azione di “risarcimento”: non a caso si chiama ”rendita” il risarcimento dopo l’infortunio. La rendita infortunistica.

L’azione ispettiva e repressiva ha certamente una componente di prevenzione, ma non la esaurisce e deve essere organizzata insieme ed accanto alla politica repressiva, sia perché il processo produttivo anticipa sempre l’adeguamento normativo, sia perché l’attività preventiva richiede un sapere specialistico, capace di interpretare e anticipare il rischio di ogni processo lavorativo.

È necessario pensare la prevenzione secondo la sequenza, come indica la legge 626: ricerca-informazione-formazione-consulenza-assistenza. E può essere realizzata solo attraverso la costituzione di un Corpo di Preventori di grande competenza e di livelli organizzati di gestione e controllo sociale.

B) Un aspetto istituzionale. Oggi le risorse sono scarse e disseminate in tante strutture: le responsabilità sono distribuite tra molti soggetti (Regioni, Ispels, Inail, Vigili del Fuoco, Ispettorati, Imss, Patronati). L’attività di ricerca vive una vita separata, ruoli e funzioni sono frequentemente sovrapposti e rinviano a coordinamenti che consumano più risorse di quelle che producono. Concentrare tutte le risorse e unificare le responsabilità, diventa questione dirimente.

Già oggi, con la potenza di calcolo che le nuove tecnologie mettono a disposizione, il sistema informatico Inail è perfettamente in grado di definire una mappa nazionale del rischio, per settori, territori, tipologie infortunistiche, malattie professionali. Già oggi, mettendo insieme la potenza di calcolo del sistema informatico Inps\Inail si può avere a disposizione in tempi immediati la mappa sociale (lavoro, reddito, status) di ogni cittadino del Paese.

C) Un aspetto organizzativo. Finora l’Assicurazione è stata la grande tecnologia che ha permesso il governo del rischio, cioè il costo, e quindi la sua indenizzabilità. Fino ad oggi, le grandi tecnologie pubbliche (Inps/ Inail ) sono state le “stecche del corsetto” che hanno sorretto i due capitoli fondamentali del welfare lavoristico: pensione e rendita da infortunio o morte.

La grande trasformazione del lavoro, alimentata da e interna al processo di mondializzazione, per i suoi costi umani, per la nostra idea di civiltà, ed per i suoi costi economici ( alcuni economisti americani valutano che il mal di lavoro valga due punti di Pil dell’economia Usa), porta sempre più a spostare l’accento dalle politiche di risarcimento alle politiche di prevenzione e riabilitazione. Dunque le leggi non sono la questione principale, lo è invece la riorganizzazione delle tecnostrutture e la loro unitarietà di missione. Germania docet.

Se il mondo dell’individuo\lavoratore è sempre più incerto, per il lavoro diventato mobile, solo una grande Agenzia Nazionale, articolata per territori, governata dalle parti sociali-modello Cassa e Scuola Edile-può garantire una rete adeguata di sicurezza (il mondo postfordista è un mondo molto simile al mondo prefordista). Tale Agenzia, non solo si rifàrebbe ad una grande esperienza sociale del movimento dei lavoratori, quello edile, ma verrebbe a collocarsi oggi in uno dei punti più delicati della condizione del lavoro, quello appunto del rapporto tra lavoro, salute e sicurezza.

Il governo dell’Agenzia, dovrebbe essere espresso con voto, dall’insieme delle parti sociali e soggetto a verifica. Consiglio di Vigilanza e Consiglio di Amministrazione – oggi persino ridotto al semplice presidente) del governo degli enti previdenziali, va tagliato, ma nella direzione, per dirla con Robert Castel, della proprietà sociale. La proprieta del lavoro.

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