Perché il lavoro non sia tempo (retro) moderno
Scaffale In libreria per Jaca Book "Tempi (retro)moderni. Il lavoro nella fabbrica-rete" di Francesca Re David. La presentazione oggi alle 18 a Roma alla libreria Fertrinelli di Galleria Colonna con l'autrice e il segretario generale della Cgil Maurizio Landini
Scaffale In libreria per Jaca Book "Tempi (retro)moderni. Il lavoro nella fabbrica-rete" di Francesca Re David. La presentazione oggi alle 18 a Roma alla libreria Fertrinelli di Galleria Colonna con l'autrice e il segretario generale della Cgil Maurizio Landini
La prima donna alla guida della Fiom, la prima a guidare la categoria più maschile, almeno nell’immaginario storico del paese. E invece tra i metalmeccanici, e ancor di più tra chi i suoi sindacalisti, le donne sono sempre di più e si distinguono per competenza e risultati.
FRANCESCA RE DAVID ha deciso di distinguersi anche nella scelta di pubblicare un libro. Nel profluvio di scritti in prima persona di personaggi che si sentono di dire qualcosa di nuovo e intelligente a prescindere, ha deciso di farsi intervistare – in questo caso dal sociologo Delio Demichelis – e di mandare alle stampe un volume «narrato in prima persona», «lunghe conversazioni» che conservano volutamente il carattere discorsivo e insieme narrativo» come scelta stilistica.
AL CENTRO di Tempi (retro)moderni. Il lavoro nella fabbrica-rete (Jaca Book, pp. 94, euro 15), il ruolo del sindacato e di una visione della società intera – come da lezione di Claudio Sabattini – davanti ad un mondo del lavoro che cambia vorticosamente. La «grande trasformazione 2.0» però produce effetti distopici: da Amazon ai rider «sta tornando il cottimo»: «l’innovazione tecnologica molto spesso si collega a modalità tutt’altro che innovative» producendo quei «tempi (retro)moderni» che danno il titolo al libro.
E ALLORA IL RUOLO DEL SINDACATO è quello di ripartire dalle radici, dal significato etimologico «insieme per la giustizia», di combattere la «narrazione che sta venendo avanti in modo molto forzato su quello che l’innovazione fa di per sè, come se fosse un fatto oggettivo, immodificabile e quindi non più governabile dall’uomo» sottendendo di una totale resa «al neoliberismo e al suo essere una filosofia politica finalizzata a far adattare gli uomini alle esigenze della continua rivoluzione industriale» «accompagnata da una pratica di precarietà, da un’idea di solitudine delle persone e di concorrenza degli uni contro gli altri».
IN QUESTA NUOVA SITUAZIONE il sindacato deve «riconoscersi nella condizione di lavoro e poi vivere insieme quella stessa condizione cercando risposte comuni». La contrattazione inclusiva – vero mantra degli ultimi anni di svolta della Cgil che hanno portato il suo predecessore in Fiom Maurizio Landini (che oggi alle 18 alla libreria Fertrinelli di Galleria Colonna presenterà il libro con lei) a diventare inaspettatamente nuovo segretario Cgil – è la strada da battere. Le numerose citazioni di Luciano Gallino la tracciano.
Ma arriva anche una motivazione diretta del flop della sempre landiniana Coalizione Sociale: «sia dall’esterno e in parte dall’interno del mondo di riferimento di allora l’attesa era per una coalizione politica, a un certo punto abbiamo lasciato stare, riconoscendo come fosse difficile fare un pensiero politico partendo dal sociale ma restando nel sociale». Il libro è comunque «ottimista» sul «futuro del lavoro»: «io non credo nella liberazione dal lavoro, credo molto di più nella liberazione del lavoro da discipline e comandi» adattando al tema lo slogan dei pionieri americani: da «no taxation without representation» a «No innovation without representation (and partecipation)» perché la chiave è sempre quella: partecipare per contarsi e contare.
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