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Per una vera sostenibilità ambientale

Governo Il programma del nuovo governo assume come centrale la «sostenibilità ambientale»: il rischio che tale carattere si riduca a pura enfasi declaratoria è assai alta. Il Pd infatti usa il […]

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 19 settembre 2019

Il programma del nuovo governo assume come centrale la «sostenibilità ambientale»: il rischio che tale carattere si riduca a pura enfasi declaratoria è assai alta. Il Pd infatti usa il tema per esibire un’attenzione ecologica, che è nei fatti l’opposto delle politiche che ha portato avanti in questi anni. I 5 Stelle ,dal canto loro, pure presentavano nel programma per le politiche 2018 grande spazio per l’ambiente e la riconversione ecologica dell’economia; salvo dimostrare di non credere o non capire la valenza di tali temi. E usarli quindi quale elemento di mediazione al ribasso.

L’azione dal basso e la vigilanza di movimenti e comitati può «costringere» il nuovo governo ad assumere realmente la centralità della questione ambientale.

L’emergenza climatica richiede che sul territorio siano ristabilite le «regole ambientali». La prima e più importante opera grande da realizzare riguarda il risanamento e la riqualificazione ecologica del patrimonio territoriale, naturale e costruito, abitativo e infrastrutturale.

Questo comporta anche la manutenzione straordinaria e l’ottimizzazione dell’utilizzo delle reti esistenti, invece che la costruzione di nuove opere, spesso inutili e dannose. Perché il territorio riviva «come organismo» è necessario ripristinare gli apparati paesistici distrutti dalla cementificazione, anche con operazioni di renaturing e collettori ecologici artificiali.

Non bastano i progetti di riqualificazione delle «periferie»: la città e le sue parti devono riassumere identità socioculturali. Nelle politiche urbanistiche va promosso soprattutto il riuso delle attrezzature e delle abitazioni non utilizzate: attualmente una su quattro nel quadro nazionale, per un totale di circa 8 milioni di case non o sottoutilizzate. La Smart city dev’essere eco-urbanisticamente sostenibile, non solo «ottima» rispetto a tecnologia ed energia; altrimenti alimenta la crisi ecologica e la negazione dei diritti. Le scelte urbanistiche non possono dipendere da fondi d’investimento e interessi finanziari, ma devono rimettere al centro le istanze socioambientali.

Va finalmente approvata la norma di blocco (non mitigazione) del consumo di suolo, ormai considerato eccessivo in tutto il continente, inaccettabile nel Belpaese. Non va sottovalutata l’importanza dei piani paesaggistici e va compreso che la «Pianificazione» è la base per qualsivoglia strategia di riassetto ecologico. I piani urbanistici e paesaggistici determinano direttamente le scelte spaziali, ma assumono anche funzioni di indirizzo e coordinamento rilevanti per le strategie di settore:dall’energia ai rifiuti, all’acqua, a commercio e trasporti. La mobilità urbana deve ritrovare l’innovazione.

Va davvero rivisto il piano delle grandi opere, che il ministro appena uscito d’ufficio aveva pure annunciato: devono restare in campo solo le pochissime, operazioni realmente utili e non impattanti. Altro che sblocco della Tav! Chi conosce il settore sa bene che le centinaia di cantieri bloccati o mai avviati sono tali non per l’azione politica di ambientalisti e comitati – come urla strumentalmente la vulgata politico-mediatica -, ma per la volontà degli stessi proponenti che , per fruire della facoltà di convogliare subito sulle operazioni ingenti flussi di denaro, favorita dalla «criminogena» legge Obiettivo ( abrogata ma ancora assai operante), sono andati avanti spesso senza progetti credibili o fattibili, e occultando i problemi ambientali: ciò che in fase esecutiva riemergeva, portando al blocco o alla chiusura dei cantieri e spesso al fallimento delle imprese coinvolte.

Il caso più clamoroso è il sottoattraversamento Tav di Firenze, dove si è speso quasi il doppio dell’appalto previsto, senza mai scavare neppure un centimetro di galleria. E ora si vorrebbe continuare a sprecare risorse.

Di questo si deve tener conto quando si invoca, a vanvera, lo sblocco dei cantieri: negli scorsi lustri opere spesso non fattibili hanno costituito occasione non di lavori, ma per un massiccio trasferimento di risorse pubbliche ai privati . Non è più tempo – e clima – per riprendere tali pratiche.

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