Per Ranieri una «Malìa» napoletana molto jazz
Musica Fino al 31 dicembre al teatro Quirino lo spettacolo dell'artista partenopeo insieme a un quintetto d'eccellenza composto da: Enrico Rava, Stefano Di Battista, Rita Marcotulli, Riccardo Fioravanti e Stefano Bagnoli
Musica Fino al 31 dicembre al teatro Quirino lo spettacolo dell'artista partenopeo insieme a un quintetto d'eccellenza composto da: Enrico Rava, Stefano Di Battista, Rita Marcotulli, Riccardo Fioravanti e Stefano Bagnoli
Malìa è un bellissimo termine che va definire magia, fascino, seduzione e intitola sia i due album recenti di Massimo Ranieri che il suo nuovo spettacolo, fino al 31 dicembre al teatro Quirino. Un viaggio nel repertorio della tradizione partenopea, come è ormai consuetudine per l’artista napoletano che «condivide» da tempo questa passione coadiuvato alla produzione da Mauro Pagani.
La novità stavolta e di aver cercato un approccio jazzistico (già tentato con successo nel 1996 da Mina nel magnifico Napoli) nella ripresa di una manciata di classici senza tempo. Così ha imbarcato nel progetto un quintetto di eccellenza composto da Enrico Rava (tromba e flicorno), Stefano Di Battista (sax alto e soprano), Rita Marcotulli (pianoforte), Riccardo Fioravanti (contrabbasso) e Stefano Bagnoli (batteria) impegnati nella rilettura di brani scritti tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta.
Lo spettacolo sceglie però di iniziare con una digressione temporale; approccio funk – contrabbasso in evidenza mentre Marcotulli accenna la melodia di Tutta N’ata storia, omaggio a Pino Daniele che l’ha scritta nel 1982. E su queste note e in una scenografia essenziale dal sofisticato gioco di luci, fa l’ingresso in scena in giacca sgargiante rossa e argentata, il padrone di casa. L’ex scugnizzo di tante Canzonissime è ora navigatissimo istrione che all’enfasi preferisce la sottrazione e una cura – quasi maniacale – di dizione e interpretazione, creando un curioso quanto riuscito interplay fra il jazz e un canto che decisamente jazz non è.
Eppure funziona benissimo, perché quelle melodie che negli anni del boom trasudavano di amori e passioni, tra una Lunarossa, divertissement di Carosone come Torero, la tenerezza di una scarnificata Malafemmena, escono da questa rilettura rafforzate. Facendo riscoprire al pubblico un inusuale quanto abbacinante, italian songbook.
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