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Per non finire dentro un Cie, scappa e muore a diciotto anni

Per non finire dentro un Cie, scappa e muore a diciotto anniIl Cie romano di Ponte Galeria

Migranti Giovane nigeriano precipita da una grondaia al quarto piano cercando di evitare un controllo di polizia durante una festa. Era già stato espulso perché senza i documenti in regola, ma non voleva essere rimpatriato.

Pubblicato circa 10 anni faEdizione del 16 settembre 2014

Aveva solo diciotto anni e un decreto di espulsione dall’Italia, è morto per la paura di essere identificato dalla polizia e buttato in un Cie prima di essere rimpatriato. Raphael Godwin, nigeriano, non aveva fatto niente di male nel suo nuovo paese. Ma non aveva i documenti in regola ed era già stato fermato in un controllo. Per questo, quando ha visto gli agenti alla porta d’ingresso dell’appartamento dove era capitato per una festa, ha pensato solo a scappare in qualche modo. Salito ai piani di sopra del condominio, ha aperto una finestra e ha cercato di calarsi da una grondaia, che però non ha retto il suo peso. E’ precipitato da un’altezza di una quindicina di metri ed è morto sul colpo, in un cortile interno di un palazzone del quartiere di Novoli.

Erano solo le dieci e mezzo di sera, eppure per alcuni vicini quella festa di immigrati doveva già finire. Troppo rumore, troppo casino, bisogna chiamare la polizia e farli smettere. Nessuno ha pensato di bussare alla porta e chiedere di abbassare il volume della musica perché domani i ragazzi devono andare a scuola, meglio avvertire gli agenti e lasciare a loro il compito di far finire quella festa di negri. Così imparano a disturbare il riposo della gente per bene.

Una volta che la pattuglia è arrivata in zona fermandosi sotto lo stabile, gli agenti sono saliti al secondo piano e hanno bussato alla porta dell’appartamento. Tra i festaioli, in massima parte nigeriani, alcuni hanno capito al volo la situazione: sono usciti rapidamente dal palazzo scendendo le scale mentre veniva identificata la sola padrona di casa, una trentenne che era agli arresti domiciliari per “falsa attestazione” di generalità. Invece Raphael Godwin ha preso una strada diversa, nella confusione ha salito le scale invece di scendere. Quando si è trovato fra il quarto e il quinto piano dello stabile, nonostante che nessuno lo inseguisse, ha visto in quella finestra affacciata su un cortile, e nella piccola grondaia addossata ai muri esterni, l’unica via di salvezza.

Quando un agente si è insospettito per i rumori, era già troppo tardi: il giovane nigeriano era sceso per qualche metro lungo la grondaia ma ha finito per perdere la presa di quell’appiglio così leggero, instabile, scivoloso. Il resto è cronaca: un tonfo sordo, il corpo di Raphael Godwin sul cemento del cortile interno, la chiamata urgente al 118 e gli inutili tentativi del medico e degli infermieri di rianimarlo, fra la disperazione e la rabbia degli invitati rimasti. Il ragazzo non aveva con sé i documenti, poche ore dopo la polizia è riuscita a identificarlo, proprio grazie a quel certificato di espulsione che pesava come una spada di damocle sul giovane nigeriano. A Novoli è arrivato anche il sostituto procuratore di turno nella notte di domenica, Paolo Barlucchi, che ha avviato le indagini ma al momento non ha iscritto alcun nome nel registro degli indagati.

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