Per non dimenticare il caso Assange
Wikileaks Una settimana di iniziative per sostenere l'attivista
Wikileaks Una settimana di iniziative per sostenere l'attivista
Il 19 Giugno Julian Assange è entrato nel quinto anno di reclusione all’interno dell’ambasciata dell’Ecuador a Londra, a suo sostegno si sono schierati personaggi pubblici e intellettuali come Chomsky, Patti Smith, Roberto Saviano, Ken Loach, Brian Eno, Michael Moore,Vivienne Westwood, Slavoj Zizek, Sarah Harisson, Srecko Horvat, Baltasar Garzón, Angela Richter, giusto per dirne alcuni, in un’iniziativa dal nome evocativo, First They Came, prima vennero per.
L’iniziativa durerà una settimana e si svolge con incontri in varie parti del mondo. A New York, a perorare la causa di Assange sono la storica giornalista e intellettuale radical Amy Goodman, il giornalista investigativo e documentarista (Dirty Wars) Jeremy Scahill, il giornalista e premio Pulitzer Christian Hedge e l’avvocato di Assange Carey Shenkman.
Non è la prima volta che questi personaggi si spendono in favore di Assange, sin dall’inizio delle accuse di stupro mosse all’hacker australiano dal tribunale svedese; Amy Goodman nella sua trasmissione Democracy Now, ha subito decostruito il processo di demonizzazione ai danni di Assange sotto processo per due accuse di stupro, per non aver voluto usare il preservativo durante rapporti sessuali consenzienti e in un caso per non aver voluto fare l’esame dell’Hiv: per la legge svedese è sufficiente a configurare il reato di violenza carnale.
Secondo Assange la richiesta svedese è un pretesto per consegnarlo agli Usa, dove teme di essere condannato per aver pubblicato su Wikileaks migliaia di documenti riservati molto imbarazzanti per il governo americano.
«Non ci dovrebbe essere ragione per cui Julian debba essere imprigionato – ha detto Hedge – quello che il governo inglese dovrebbe fare sarebbe assicurargli un ’corridoio sicuro’ per poter prendere un aereo e andare legalmente in Ecuador. Questo non accadrà, l’Inghilterra sta agendo come rappresentante del governo americano».
Nell’evento mediatico di First They Came for Assange i personaggi pubblici che lo sostengono hanno caricato in rete video in cui declinano la propria solidarietà e le ragioni in modo diverso e personale: dalla lucida denuncia del meccanismo globale perverso che ha portato e permette la detenzione illegale di chi ha rivelato delle nefandezze, invece di detenere chi le ha commesse, fatta da Chomsky, al video girato in aereo di Brian Eno che comincia con «Ciao Julian, son passati già quattro anni, ma quattro anni seduto in un appartamento devono essere lunghissimi», per poi approdare, come tutti al nocciolo riassumibile in: tu hai fatto un favore a noi, a tutti quanti, facendoci vedere la verità ora tocca a noi difenderti.
Il modo per farlo, trovato dalla stilista Vivienne Westwood, che, come gli altri ha comunque caricato la propria video solidarietà, è stato creare una maglietta Free Assange fatta poi indossare ai suoi modelli nel backstage della presentazione della sua nuova collezione uomo, e che lei stessa ha indossato in passerella quando vi è salita per raccogliere gli applausi. Un modo per riaccendere le luci su Assange che rischia di essere dimenticato in quell’ambasciata nel disinteresse (colpevole) dei media.
«Quando Julian ha pubblicato i leaks di Chelsea Manning – ha detto Hedge – ha lavorato a stretto contatto con testate come il New York Times, che poi l’hanno scaricato. Perché non vengono perseguitati anche loro? Perché non si spendono per lui? Eppure questa è una violazione della libertà di stampa, da giornalisti dovrebbero farlo, perché quando lasci che accada una volta non sai poi quante altre volte potrebbe riaccadere».
All’evento ha partecipato anche lo stesso Assange, in video conferenza, così come sta facendo per tutti gli eventi del programma. «La storia non appartiene alla Nsa, ai giornalisti o ai media – ha detto dall’ambasciata dell’Ecuador – ma alla civiltà umana». Ha poi aggiunto che Wikileaks sta per pubblicare un’altra ondata di documenti su Hillay Clinton, contenenti prove sufficienti ad incriminarla «Ma non verrà mai accusata – ha continuato – è collusa con questo sistema da vent’anni, il quartier generale della sua campagna, ad esempio, senza grandi fanfare si è spostato e adesso nello stesso palazzo, pochi piani sotto, l’ufficio del procuratore generale Loretta Lynch. Fino a quando Lynch sarà il procuratore generale lei sarà al sicuro».
L’odio per Assange è assolutamente bipartisan, così come quello per Snowden, Hammond, Manning, accomuna ogni tipo di potere. Nel 2017 Clinton dovrebbe diventare il nuovo presidente americano, in Ecuador potrebbe cambiare il governo che gli ha concesso l’asilo: bisogna portarlo via da lì, o quanto meno, continuare a parlare di lui.
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