«Per Lucio», un caleidoscopio visivo e sonoro nella storia «materiale» dell’Italia
Berlinale 71 Il documentario di Pietro Marcello sul musicista, presentato nel programma di Berlinale Special
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Per Lucio è costituito in parte da un’intervista con l’amico e manager di Lucio Dalla, Umberto Righi, detto Tobia, al quale, nella seconda parte del film, si aggiunge un altro amico storico del cantautore, Stefano Bonaga. Partendo da questo dialogo al presente, tra fiori, tombe e un piatto di fettuccine, il regista spazia in una gustosa antologia d’immagini, alcune di e su Lucio.
Altre sull’Italia, altre ancora dall’archivio personale del regista. Per Lucio non è tanto una biografia. Quanto piuttosto un caleidoscopio visivo e sonoro. Certo, molti elementi della vita sono lì: il padre morto a sei anni. La madre che lo vorrebbe a lavorare o a studiare.
L’INCONTRO con il poeta Roberto Roversi. E infine il momento in cui comincia a scrivere i propri testi. Ma non c’è alcuna voglia di ricostruire passo dopo passo la carriera, gli incontri, le collaborazioni. Chi volesse scoprire la vita segreta di Lucio Dalla, ne uscirebbe deluso. Il titolo che Pietro Marcello ha scelto non è «Su Lucio». Ma: «Per Lucio». Dove «per» indica al tempo stesso una dedica e un progetto. Si tratta ovviamente di un omaggio, fatto con garbo, quasi con pudore. Ma anche di un modo per far qualcosa attraverso questo personaggio intimo eppure evanescente. Far cosa? Primo, ascoltarlo.
Tra le interviste che Pietro Marcello ha ritrovato, una delle più illuminanti è quella in cui un Dalla giovanissimo racconta gli anni in cui, come Pasolini, sbarca a Roma senza un soldo, cercando di vivere attraversi la sua arte e trovandosi spesso a saltare i pasti o a dormire per strada. Racconta anche il suo passaggio dal jazz alla musica pop: «In fondo quello del jazz è un linguaggio sconosciuto, proprio biologicamente. È una musica che ci riguarda solo dal punto di vista intellettuale. Il jazz mi è rimasto come bagaglio tecnico per fare una musica che non sia underground ma che tratti di problemi mediterranei». In un certo senso il lavoro di montaggio del film illustra praticamente quest’idea di una musica legata alla realtà materiale del paese: alla sua mediterraneità.
ORA, PIETRO MARCELLO accosta le immagini e i suoni delle canzoni di Lucio Dalla a quelle di diversi momenti della vita del paese. La guerra e i bombardamenti, l’industrializzazione, la motorizzazione come mito e come realtà quotidiana. Questi momenti corrispondono anche a tre città, Bologna, Milano, Torino, che Dalla – con la complicità dei testi di Roberto Roversi – ha toccato direttamente o poeticamente. È giusto questo contrappunto? È giusto mettere la biografia del poeta cantautore insieme alla storia del paese intero? Altri cantautori sono stati più di Dalla inclini ad illustrare i momenti storici e sociali del paese. Dalla lo ha fatto, ma in maniera più poetica.
O meglio, più materiale che storica. Come nella canzone Itaca, che Dalla stesso introduce, e nella quale si racconta alla maniera di Brecht quello che, del mito di Ulisse, non appare mai: la sofferenza dei suoi marinai. Sofferenza altrettanto concreta che un ventre vuoto. Ed anche quando nelle parole di Roversi si parla di bandiere rosse issate sui muri della Fiat, più che il materialismo storico o la lotta di classe, la voce di Dalla canta vita e colori di un’esperienza.
COSÌ, COME IL RITRATTO di Lucio non è organizzato a mo’ di biografia, anche il campionario di immagini d’archivio non diventa mai una storia d’Italia nel senso di un discorso ordinato. Ci si muove tra immagini e suoni. E, in questo muoversi, Pietro Marcello ritrova il più bel personaggio del suo cinema. Sulle note del Parco della Luna di Dalla, scopriamo delle inquadrature inediti del suo film La Bocca del Lupo. E il magnifico galeotto genovese di quel film, virile e delicato al tempo stesso, ritorna vestendo nei panni del Sonny Boy della canzone.
C’è una giustificazione a questa doppia incursione, nel fatto che Dalla fosse stato presente la sera della presentazione della Bocca del Lupo a Bologna. Più profondamente, e al di là dell’aneddoto, Pietro Marcello si pone con questo montaggio un’interrogativo che non può però girare né a Tobia e nemmeno a Bonaga – anche se tutte le domande che gli pone sembrano voler indagare proprio questo: Lucio Dalla era un personaggio di un film di Pietro Marcello? Di certo, c’è che ora lo è.
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