Ieri sera a Cagliari è andata bene. Quando durante il comizio un ragazzo con la bandiera arcobaleno sale sul palco chiedendole di garantire i diritti delle persone Lgbt+, Giorgia Meloni dice di apprezzare «il coraggio delle persone che rivendicano quello in cui credono».

Peccato che la leader di Fratelli d’Italia non sia sempre così disposta al dialogo, come dimostrano le parole dette a giugno in Spagna nel comizio per Vox quando parlò di «lobby Lgbtq». Quando infatti smette i panni della leader moderata utili per rassicurare mercati e partner europei, è nei comizi di piazza che Giorgia Meloni torna a essere se stessa: voce roca, toni alti e frasi forti, di quelle che dovrebbero scaldare gli animi. Come quella che si è vista due sere fa durante un comizio a Perugia.

Nel mirino, ovviamente, la sinistra che Meloni accusa questa volta di non essere sempre solidale con le donne vittime di violenza: «Ci sono problemi di sicurezza però a loro non glielo puoi dire – arringa dal palco – perché loro sono solidali con le violenze sulle donne purché ad operare quella violenza non sia un clandestino, perché nella loro morra cinese un clandestino batte donna violentata e quindi la solidarietà non esiste più». Parole non nuove, che la stessa Meloni aveva già pronunciato un anno fa quando però alla lista di quanti, a suo dire, per la sinistra avrebbero più valore di una donna che subisce violenza aveva aggiunto, guarda caso, anche «i gender, gli omosessuali e gli islamici che battono tutto».

Parole che ovviamente provocano la reazione di Enrico Letta. «E’ orribile la frase che Meloni ha usato quando ha parlato di morra cinese mettendo insieme il rifugiato violentatore e la donna violentata – dice il segretario dem -. Non è soltanto il linguaggio ma dentro c’è un disprezzo per le persone in difficoltà che è insopportabile. Noi siamo completamente dall’altra parte».

Il problema è che la Leader di FdI non sembra proprop farcela. Anche se i suoi consiglieri per la comunicazione glielo spiegano in tutti modi che deve mostrasi più moderata, assumere un comportamento da (probabile) futuro capo di governo, lei non si trattiene. E così ogni tanto viene fuori la Meloni vista a giugno in Spagna al comizio di Vox, oppure quella che per la sua campagna elettorale posta il video dello stupro compiuto a Piacenza da un immigrato, senza curarsi delle conseguenza per la vittima di quella violenza. «E senza chiedere scusa», come ricorda la senatarice dem Valeria Valente.

Due personalità che si alternano a seconda delle occasioni. Domani Meloni sarà a Cernobbio e difficilmente alla platea del Forum Ambrosetti parlerà con la voce strozzata di presunte invasioni di «clandestini». Argomenti buoni per le piazze come la proposta, fatta da un senatore del suo partito, di creare cimiteri per feti dove seppellire i feti abortiti, proposta sulla quale la leader che si dice attenta ai diritti delle donne finora non ha speso una parola per prenderne le distanze.

Del resto nel centrodestra le «idee» forti non mancano. Un altro che non si risparmia è Matteo Salvini che in rincorsa sulla rivale ha rispolverato la vecchia idea di castrare gli stupratori: «Per quanto mi riguarda – ha detto – se uno violenta, al di là della rieducazione, varrebbe un intervento farmacologico per impedirgli di stuprare per il resto della vita».

Ma sono soprattutto i concetti espressi da Meloni a irritare il Partito democratico: «Non è solo volgarità verbale – scrive su Twitter la capogruppo alla Camera Debora Serracchiani -, c’ è lo specchio di chi recita moderazione e pratica intolleranza. La violenza contro e donne non ha scelta, attenuanti, ragioni».