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Per il Centenario di Scotellaro, opere, non omaggi

Per il Centenario di Scotellaro, opere, non omaggiMimmo Paladino per Rocco Scotellaro

Anniversari In arrivo gli scritti sul cinema, una parte fondamentale del suo lascito bibliografico

Pubblicato 10 mesi faEdizione del 9 dicembre 2023

Gli anniversari spesso rischiano di non lasciare risultati tangibili, utilizzabili nel tempo e da mettere a disposizione di un pubblico più vasto. Per questo va salutato positivamente il fatto che nel programma predisposto dal Comitato scientifico per il Centenario di Scotellaro, per conto della Regione Basilicata, uno dei punti qualificanti riguarda la pubblicazione degli inediti dello scrittore, in particolare i Taccuini, a cura di Franco Vitelli e Giulia Dell’Aquila, e gli Scritti cinematografici, a cura di Goffredo Fofi e Sebastiano Martelli; due consistenti volumi, di oltre trecento pagine ciascuno, che usciranno agli inizi del nuovo anno presso l’editore Quodlibet. Il capitolo su Scotellaro e il cinema, già nel pur limitato assaggio proposto nel volume mondadoriano di Tutte le opere del 2019, ne aveva segnalato una certa importanza con la pubblicazione di alcuni scritti giovanili di critica cinematografica e soprattutto delle pagini iniziali del trattamento del Cristo si è fermato a Eboli, richiesto a Scotellaro dallo stesso Levi. Nel volume in corso di pubblicazione confluiscono tutti i materiali, dal soggetto al trattamento alla sceneggiatura, de I fuochi di San Pancrazio.

Di questo progetto fino ad oggi erano note solo alcune pagine di una delle versioni del soggetto, quello che invece verrà pubblicato è frutto di una operazione di recupero da archivi pubblici e privati di tutti i materiali superstiti, insieme alla ricostruzione dei vari passaggi di elaborazione. Per la realizzazione della sceneggiatura Scotellaro si confronta con collaboratori di non poco conto, Calo Levi, Linuccia Saba, Gerardo Guerrieri e il regista Duilio Coletti. Come è noto, l’autorialità nei testi di preparazione al film è spesso a più mani con diversi gradi di apporto e di coinvolgimento, per questo la pubblicazione ha richiesto un lavoro non semplice di sistemazione filologica e critica. Il progetto dei Fuochi, pur nato da necessità economiche che angustiavano Scotellaro dopo le dimissioni da sindaco e l’andata via da Tricarico, con la necessità di trovare un’uscita di sicurezza alla propria vita, si rivela un’esperienza molto interessante per ridefinire il profilo di Scotellaro contribuendo a farlo uscire dai rischi delle secche sia politico-ideologiche che letterarie, che hanno sempre accompagnato la sua figura e che spesso si ripropongono, ancora oggi.

Scotellaro, grazie anche alle sue passioni e competenze cinematografiche, coltivate sia pure lateralmente rispetto ai molteplici impegni di un vissuto senza pause, ha la consapevolezza del ruolo che il cinema sta assumendo nella realtà del secondo dopoguerra, un fenomeno di massa alla portata dei ceti popolari, raggiunti ormai anche nei piccoli paesi del Mezzogiorno, e che procura fratture nell’assetto secolare della società meridionale. A Scotellaro non sfugge che in quel crinale degli anni Quaranta-Cinquanta si sta giocando una partita di contrapposte scelte politiche, sociali ed economiche, ma anche culturali con forti ricadute nel costume, nella mentalità, nell’immaginario, soprattutto dei ceti popolari, e il cinema mostra di essere un sensore particolare, che ha la percezione dei cambiamenti in atto, è sottoposto a una ristrutturazione ideologica e produttiva per rispondere alla mutazione in atto e all’orizzonte di attesa del pubblico di massa. In questo quadro è evidente la crisi del cinema neorealista di qualità e attraverso i varchi creatisi passa una diversa produzione filmica: quella popolare melò (un film come Riso amaro di De Santis o i film di Matarazzo, Catene, I figli di nessuno) o comica (Totò) o del neorealismo rosa, che incontrano una forte attenzione del pubblico popolare. Scotellaro tenta una originale operazione che la scrittura dei Fuochi gli offre: realizzare una sceneggiatura che riesca a rappresentare una vicenda, ambientata nella Lucania degli anni Trenta, con una forte caratterizzazione storico-sociale, antropologica, simbolica, utilizzando il modello del cinema melò che andava riciclando perfino il feuilleton otto-novecentesco. Insomma, realizzare una contaminazione tra il cinema neorealista e il cinema popolare melò per rappresentare un pezzo di mondo della civiltà contadina meridionale, senza che l’assunzione di questo modello ne stravolgesse l’identità, come accade in tanta filmografia a cominciare da quella «agreste» del neorealismo rosa. Nel confronto con i collaboratori, col prevedibile affollarsi di soluzioni diverse da dare ai personaggi e al plot narrativo, Scotellaro riesce a imporre le sue idee e ipotesi nel raccontare la vicenda di due famiglie di artigiani di fuochi pirotecnici, in cui mette in campo non solo la conoscenza profonda della realtà meridionale ma anche esperienze del suo vissuto e dell’impegno politico, insieme a temi che hanno segnato i processi storico-sociali riguardanti il Mezzogiorno della prima metà del Novecento, a cominciare dall’emigrazione transoceanica, che assume uno snodo centrale negli svolgimenti del racconto.

Una scrittura che coniuga realismo e simbolismo, identità socio-antropologica, categorie letterarie e immaginario cinematografico, di cui nel volume vengono ricostruite opzioni e pratiche, insieme alle scelte dei profili dei personaggi, in particolare della protagonista femminile, che nei passaggi dal soggetto alla sceneggiatura è ridisegnata partendo dal feuilleton ottocentesco e dal cinema melò fino a divenire una popolana non stereotipata della società contadina meridionale con un drammatico destino finale. Nello studio che accompagna l’edizione della sceneggiatura e degli altri materiali viene ricostruita anche la vicenda del mancato approdo al film, con significativi rinvii al quadro non solo cinematografico ma anche politico-culturale di quello scorcio dei primi anni Cinquanta.

Sebastiano Martelli è docente di letteratura italiana presso l’Università di Salerno

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